LEONARDA CIANCIULLI – L’ASSASSINA SAPONIFICATRICE 21 Luglio 2022 – Posted in: Biografie, Lo Sapevi che – Tags: #assassino, #biografia, #biografie, #fenomenologia, #killer, assassina, la saponatrice, Leonarda Cianciulli, lo sapevi che
La Saponatrice – Leonarda Cianciulli
Biografia
Quasi tutto quello che si sa sulla Cianciulli è estratto dal suo memoriale, intitolato Confessioni di un’anima amareggiata, sulla cui autenticità sono stati sollevati numerosi dubbi. Molti sostengono che sia in realtà opera degli avvocati che la difesero al processo e puntavano ad alleggerire la posizione dell’imputata, la quale aveva studiato solo fino alla terza elementare e dunque difficilmente poteva essere in grado di scrivere un memoriale di oltre 700 pagine.
Leonarda, ultima di sei figli, nacque a Montella, un piccolo paese dell’Irpinia, il 18 aprile 1894 dall’unione di Mariano Cianciulli, allevatore di bestiame, con Serafina Marano, una vedova con altri due figli che l’aveva sposato in seconde nozze. Secondo alcune fonti, la bella madre, ancora quattordicenne, sarebbe stata costretta dai genitori a prendere in marito un giovane, tale Salvatore Di Nolfi, conosciuto durante un viaggio in carrozza di ritorno dal collegio di suore di Firenze, poiché questi l’aveva rapita e violentata; la vicenda della successiva gravidanza indesiderata, dalla quale sarebbe nata Leonarda, è sostenuta da alcune fonti e contestata da altre.
Da bambina Leonarda soffrì d’epilessia; risulta però tutt’altro che veritiera la storia di un’infanzia infelice, sebbene lei stessa racconti: «Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla».
In realtà i tentativi di suicidio si verificarono successivamente, nella primavera del 1941, quando fu condotta nelle carceri giudiziarie di Reggio Emilia.
Il matrimonio e la maledizione
Nel 1917, all’età di 23 anni, sposò Raffaele Pansardi, originario di Lauria, in provincia di Potenza, allora impiegato al catasto di Montella, in aperto contrasto con i familiari che avevano individuato per la sposa, com’era consuetudine all’epoca, un altro marito che le era anche cugino. La Cianciulli, nel suo memoriale, raccontò di essere stata maledetta dalla madre alla vigilia delle nozze e d’aver perciò troncato ogni rapporto con lei: un fatto che avrebbe segnato profondamente la personalità della futura assassina.
In altre fonti si legge inoltre che la supposta maledizione e la prematura morte di 8 dei suoi 12 figli avrebbero condizionato la psiche di Leonarda.
Secondo il memoriale della Cianciulli, sua madre aveva pronunciato contro di lei una maledizione in punto di morte che le augurava una vita piena di sofferenze. Come se ciò non bastasse, anni prima una zingara le aveva fatto una terribile profezia, la cui prima parte recitava: «Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi». La predizione (sempre secondo il memoriale) fu veritiera: le sue prime 13 gravidanze finirono con tre aborti spontanei e dieci neonati morti nella culla.
La Cianciulli crede di essere vittima di una maledizione e, per proteggere i figli sopravvissuti, si convince di dover compiere dei sacrifici umani.
«Non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre.»
Solo dopo l’intervento di una maga locale, Leonarda riuscì finalmente a portare a termine la prima e poi altre tre gravidanze. Questi quattro bambini diventarono per Leonarda un bene da difendere a qualsiasi prezzo.
Così si legge infatti nelle sue memorie:
«Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l’altra dalla terra nera… per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astrologia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli».
Le vittime
Le vittime sono le sue stesse amiche, donne sole, di mezza età desiderose di cambiare la loro vita.
La prima è Faustina Setti abbagliata dalla promessa di un marito. Seguendo il consiglio della Cianciulli, Faustina vende tutti i suoi averi e prepara delle lettere in cui rassicura i suoi famigliari. La posta non verrà mai spedita. La Cianciulli la uccide a colpi di scure e ne seziona il corpo. Con il sangue della vittima, essiccato e macinato unito a della farina, cucina dei dolcetti che offre ai suoi ospiti e ai suoi stessi figli per proteggerli dalla maledizione.
La seconda vittima è Francesca Soavi, anche lei uccisa a colpi di scure e poi fatta bollire.
La terza e ultima vittima è Virginia Cacioppo, ingannata dalla promessa di un lavoro viene brutalmente uccisa e sezionata. Con lei però la Cianciulli non si limita solo ai dolci, ma produce anche delle saponette che darà in omaggio a vicine e conoscenti.
Le indagini per i tre omicidi portano facilmente alla Cianciulli che confessa subito. A tutti sembra però impossibile che una donna anziana e di bassa statura abbia potuto uccidere e smembrare tre corpi completamente da sola e gli inquirenti ipotizzano che il figlio maggiore sia un complice. L’assassina affermerà sempre di aver agito da sola.
Dichiarata colpevole di triplice omicidio, distruzione di cadavere tramite saponificazione e furto aggravato, la saponificatrice di Correggio viene condannata a 30 anni di reclusione di cui tre da scontare in un ospedale psichiatrico. Non uscirà mai dal manicomio criminale.
La Cianciulli davanti al commissario Serrao si dimostrò molto reticente e rivelò i particolari un po’ alla volta: dirà prima di aver ucciso la Cacioppo d’accordo con Spinarelli, distrutto il cadavere tramite saponificazione e aver gettato i resti nel canale di Correggio, poi confesserà solo dopo lunghi interrogatori di aver ucciso anche le altre due vittime. Davanti all’agente di Polizia Valli, che le domandò che fine avesse fatto fare alle tre donne, lei rispose:
«Ebbene me le ho mangiate le mie amiche, se vuole essere mangiato anche lei, son pronta a divorarlo […], le scomparse me le avevo mangiate una in arrosto, una a stufato, una bollita» e nelle sue memorie aggiunse: «Se sapeste cosa c’era di verità in queste parole…»
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