DAVID DUSHMAN – L’ULTIMO LIBERATORE 7 Giugno 2021 – Posted in: Biografie
È morto David Dushman, l’ultimo liberatore di Auschwitz. «C’erano scheletri ovunque»Quando con il suo carro armato T-34 sfondò la recinzione elettrica attorno al campo di sterminio nazista trovò «scheletri ovunque». Un’immagine «terribile» che non riuscì mai a dimenticare e che, per tutta la vita, si impegnò a trasmettere alle giovani generazioni perché tutti potessero conoscere (e nessuno mai dimenticare) gli orrori dell’Olocausto. David Dushman, l’ultimo liberatore di Auschwitz, è morto a 98 anni nella notte tra venerdì e sabato in un ospedale di Monaco. Il 27 gennaio 1945 liberò, da giovane soldato dell’Armata Rossa, il campo di concentramento che più di qualsiasi altro ha simboleggiato l’orrore della guerra. Un evento epocale di cui il giovane, appena 21 enne, non comprese subito la piena portata ma che poi lo impegnò in un accorato lavoro di ricerca e memoria tanto che la sua biografia oggi è materiale per i libri di storia.
Quel che Dushman vide nel campo di sterminio non l’abbandonò mai: «Scheletri ovunque. Sono inciampati fuori dalle baracche, si sono seduti e si sono sdraiati tra i morti. Terribile. Abbiamo gettato loro tutto il nostro cibo in scatola e siamo subito partiti per dare la caccia ai fascisti», ha ricordato in un’intervista del 2015 rilasciata al quotidiano di Monaco Sueddeutsche Zeitung. Più di un milione di persone, la maggior parte delle quali ebrei deportati lì da tutta Europa, furono assassinate dai nazisti ad Auschwitz-Birkenau tra il 1940 e il 1945. I primi soldati dell’Armata Rossa arrivarono al cancello di filo spinato con su scritto Arbeit Macht Frei («Il lavoro rende liberi») poco dopo mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Davanti ai loro occhi si stava per spalancare l’inferno e ancora non lo sapevano. Credevano di aver trovato un normale campo di concentramento nella cittadina polacca di Oswiecim, ai confini con la Cecoslovacchia. Invece era il complesso di Auschwitz – Birkenau – Monowitz, la più grande macchina di sterminio nazista.
Originario dell’Unione sovietica e figlio di un medico militare imprigionato e morto in un campo di punizione sovietico dopo essere caduto vittima di una delle purghe di Josef Stalin, Dushman partecipò ad alcuni degli scontri militari più sanguinosi della seconda guerra mondiale. Alla guida del suo carro armato vide «numerose volte la morte in faccia» e, giovanissimo, partecipò alle battaglie di Stalingrado e Kursk. Gravemente ferito tre volte, sopravvisse alla guerra: uno dei soli 69 soldati della sua divisione di 12.000 uomini. Ottenne, per il coraggio dimostrato in prima linea, molte onorificenze ma, paradossalmente, non per la liberazione di Auschwitz. Lo scorso aprile, proprio in occasione del suo 98esimo compleanno, Dushman è stato nominato membro onorario della comunità israelitica tedesca.
Dopo la guerra, una nuova vita. Per quasi quattro decenni (cioè dal 1952 al 1988) Dushman è stato l’allenatore della squadra femminile di scherma dell’Urss: sono molte le atlete da lui portate al podio dei campioni mondiali e a quelli dei Giochi olimpici. In questa veste, aveva persino assistito all’attacco di otto terroristi palestinesi alla squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco del 1972, che provocò la morte di 11 israeliane, cinque palestinesi e un poliziotto tedesco. «Eravamo alloggiati proprio di fronte a dove stava la squadra israeliana. Sentivamo gli spari e il rumore degli elicotteri di fronte a noi — disse nei ricordi di quell’orrore — Il terrore che l’attentato scatenò tra tutti gli atleti presenti non lo scorderò mai». In Germania ci arrivò dopo la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione sovietica. La discriminazione e la diffamazione verso gli ebrei la visse anche là, oltre la cortina di ferro. Dushman non si stancò mai di raccontare gli orrori di Auschwitz , ma non ebbe mai risentimenti verso la sua nuova patria, la Germania: «Non combattevamo contro i tedeschi — diceva — combattevamo contro il fascismo».
Un «allenatore di scherma leggendario e l’ultimo liberatore vivente del campo di concentramento di Auschwitz», ricorda il Comitato Olimpico Internazionale. Ma a Dushman va anche il merito di aver raccontato l’orrore dell’Olocausto nelle scuole, per decenni. Oggi la sua biografia è materiale per i libri di storia. Quando compì 95 anni, fu l’allora presidente della Comunità ebraica tedesca, Charlotte Knobloch, a rendergli omaggio: «Basta per almeno tre vite quel che lei ha dovuto soffrire nel corpo e nell’anima — disse rivolto al veterano — ma anche ciò che è riuscito a conquistare di straordinario e i successi fuori dal comune che ha potuto celebrare». Poi, alla notizia della sua morte: «Ogni testimone della storia che passa è una perdita, ma dire addio a David Dushman è particolarmente doloroso. Dushman era in prima linea quando la macchina assassina dei nazionalsocialisti è stata distrutta».
(Fonte FB Alessandro Barbero: la Storia)