I NOVENARI – LUOGHI DI CULTO FUORI DAL TEMPO 20 Ottobre 2021 – Posted in: Lo Sapevi che – Tags: #curiosità, #curiosity, #fenomenologia, #fenomenologiadellalingua, #losapeviche, #luoghidiculto, #novenari, #sardegna
Quali sono alcune cose bizzarre della tua regione poco conosciute?
I novenari: particolarissimi luoghi di culto fuori dal tempo si trovano in Sardegna.
Nel territorio dell’isola sono presenti più di una cinquantina di novenari, ovvero piccoli villaggi caratterizzati dalle cumbessìas o muristènes, casette basse che sorgono attorno a una chiesa campestre. La loro diffusione è maggiore nell’Oristanese,
specialmente nella media Valle del Tirso; decisamente più rari nella Sardegna meridionale e in Gallura.I novenari, la cui origine è discussa, furono costruiti con lo scopo di ospitare i pellegrini al santuario campestre in occasione della novena precedente la festa patronale del santuario.
Alcune cumbessìas del novenario di San Salvatore di Sinis, Cabras (OR). Tutt’oggi il novenario viene popolato in occasione della Corsa degli Scalzi.
Per quanto ne so, in Europa esistono dei villaggi legati a un culto o ad un pellegrinaggio particolare. Mi era stata fatta notare l’analogia con i kyrkstad svedesi (uno su tutti: Gammelstad), ma la presenza di abitazioni attorno a un santuario campestre era mossa soprattutto dal bisogno dei pellegrini di ripararsi dal freddo invernale. Quest’esigenza chiaramente non ha a che vedere con i novenari sardi; né probabilmente furono costruiti con lo stesso scopo dei Sacri Monti dell’Italia Settentrionale, ovvero per permettere ai pellegrini di non affrontare i viaggi in Terra Santa. I Sacri Monti fiorirono soprattutto dal Quattrocento in poi, mentre quantomeno i villaggi di cumbessìas sembrano sorgere attorno a santuari ben più antichi. Per quanto non sia possibile datare con certezza in quale periodo storico furono eretti gli alloggi dei pellegrini, i novenari spesso presentano un santuario il cui primo impianto è di epoca bizantina, ed in una certa parte dei casi intitolato a un vescovo o un martire sardo dei primi secoli dell’Impero Romano. Inoltre, capita che queste aree siano spesso associate a luoghi di culto nuragici o comunque di epoche precedenti.
Novenario di San Lussorio, Fordongianus (OR). Sotto la chiesa romanica è presente la cripta paleocristiana (IV secolo d.C.) che presumibilmente ospitò le spoglie di San Lussorio, ufficiale di stanza a Fordongianus morto martire nel 304. La sorte successiva delle spoglie è dibattuta: una tradizione vuole che le sue reliquie siano state asportate dai Pisani e conservate al Camposanto Monumentale di Pisa, attraverso le quali si diffuse in Toscana il culto di San Rossore.
Ciò che mi colpisce è che frequentemente i villaggi sacri sardi abbiano il più delle volte una forma a τέμενος, cioè a recinto (sacro), poiché a mio parere potrebbe trattarsi di un retaggio di forme di spiritualità molto antiche, direi precristiane. All’inizio delle Baccanti di Euripide, infatti, Dioniso si reca al recinto sacro della madre Semele, fatto che ci documenta quantomeno la presenza dei recinti sacri nella religiosità greca antica; τέμενος stesso in greco proviene dalla stessa radice del verbo τέμνω, cioè “io taglio”: il τέμενος è ciò che ritaglia lo spazio sacro dal resto dell’ambiente.
Novenario di San Gemiliano, Sestu (CA). Dall’alto è possibile notare come le cumbessìas siano disposte in una forma circolare.
Novenario di San Pietro al Golgo, Baunei (OG).
Tanto più questo discorso ha senso se si considera uno dei villaggi più emblematici ed affascinanti della Valle del Tirso, ovvero il novenario di Santa Cristina (legato al paese di Paulilatino: la famiglia del mio compagno di banco del liceo ha una delle cumbessìas). Infatti, il villaggio si trova nell’estrema prossimità di uno dei monumenti più importanti dell’architettura nuragica, cioè il Pozzo Sacro di Santa Cristina, che risale al II millennio a.C. Il pozzo, tra le sue varie particolarità, si caratterizza proprio per essere circondato da un recinto. Il fiume Tirso doveva avere qualche valore particolare già in epoche precedenti, se si considera che – soprattutto a nord del fiume – c’è una capillare presenza di insediamenti nuragici.
GeoPortale Nurnet. Insieme al Logudoro e alla Marmilla, la media Valle del Tirso (nella carta soprattutto le regioni del Montiferru, Guilcer e Marghine) mostra una spiccata presenza di insediamenti nuragici e prenuragici. Inoltre, grazie alla mappa interattiva, ho notato che è decisamente maggiore in queste zone la presenza di tombe di giganti, edifici funerari nuragici e pertanto luoghi legati al culto dei morti.
Pozzo di Santa Cristina, Paulilatino (OR). Numerosi novenari sono contraddistinti dalla peculiare forma semichiusa.
Novenario di Santu Antinu, Sedilo (OR). Il novenario, intitolato proprio all’imperatore Costantino e famoso per l’Ardia che vi si svolge a luglio, presenta anch’esso una forma a recinto, in parte data dai muristènes, in parte da una cinta muraria perfezionata nel corso dei secoli.
Il 19 giugno scorso, se non erro, ho avuto modo di ascoltare una conferenza tenuta a Pisa (dove studio) da Rossana Dedòla, ex docente alla Scuola Normale, in occasione della pubblicazione del suo libro “In Sardegna con Grazia Deledda”. La prof.ssa Dedola, prendendo lo spunto dal romanzo deleddiano “Elias Portolu” (consiglio!), ambientato nel novenario di San Francesco di Lula, ha fatto notare che durante le novene i pellegrini sono soliti dormire in stanzoni in maniera promiscua, per meglio dire senza separazioni fra maschi e femmine. A quanto ricordo, quest’abitudine, definita come poco consona all’ambiente sacro dall’antropologa – recentemente defunta – Clara Gallini, è stata invece ricollegata proprio ad usanze precristiane dalla prof.ssa Dedola.
Novenario di San Francesco di Lula, Lula (NU). Un luogo di devozione importante per la città di Nuoro, nonché uno dei luoghi dove la Deledda decise di ambientare il suo romanzo Elias Portolu.
Io non sono esperto in merito, ma sento di dover appoggiare la professoressa anche per altri motivi: in Sardegna la presenza di chiese campestri, anche senza novenari, è veramente ampia e standardizzata – si prenda come esempio la più famosa, ovvero la Basilica di Saccargia – ed è possibile a mio parere vedere in controluce un tratto del sistema di organizzazione del territorio dei Nuragici – non certo le loro tradizioni costruttive -: un sistema policentrico, non urbano, dove i luoghi di sepoltura e di culto sono spesso distaccati dalle aree residenziali. Certamente è plausibile, nel caso delle chiese romaniche, che si tratti di un’eredità pisana; ma ciò non si potrebbe spiegare alla stessa maniera nel caso di chiese ben più antiche come le seguenti.
Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, Codrongianos (SS). L’illustre monumento del romanico sardo sorge in aperta campagna.
Chiesa campestre di Santa Maria Iscalas, Cossoine (SS). Una chiesa altomedievale di datazione piuttosto incerta, soprattutto per via delle soluzioni architettoniche che presenta: è a croce libera, presenta una sorta di tiburio quadrangolare, si entra lateralmente da due “transetti gemelli” – non c’è infatti una facciata vera e propria – ed è costruita in discesa. Si trova ai piedi dello stesso monte presso il quale è stato edificato il novenario di Nostra Signora di Bonuighinu, nel comune di Mara (SS).
Chiesa campestre di Sant’Elia di Tattinu, Nuxis (CI). La chiesa, la cui costruzione è datata ai secoli IX-XII, si trova edificata nelle prime propaggini montuose del Sulcis, a metà strada fra i paesi di Nuxis e Santadi. Non lontano da essa, curiosamente, è possibile visitare il pozzo sacro di Tattinu. Forse che i luoghi di culto d’età bizantina venissero fondati in prossimità di luoghi già tradizionalmente considerati sacri?
Chiesa di Nostra Signora di Mesumundu, Siligo (SS). La chiesa (VI secolo d.C.) visibilmente risente della tradizione costruttiva romana, dal momento che poggia su un antico edificio termale romano: è chiaro che la concezione del santuario campestre non può essere stata impiantata dai Pisani in Sardegna, ma bisogna riferirsi ad archi cronologici antecedenti, quantomeno tenendo l’epoca bizantina come terminus ante quem attribuire l’usanza di costruire santuari campestri.
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(Fonte Quora Giuseppe Daga)