MILGRAM – L’ESPERIMENTO CRUDELE 25 Agosto 2024 – Posted in: Lo Sapevi che – Tags: , , , , , , , , ,

L’esperimento Milgram ovvero la banalità del male

L’esperimento di Milgram fu un esperimento di psicologia sociale, uno dei più controversi mai compiuti, condotto nel 1961 dallo psicologo statunitense Stanley Milgram il cui obiettivo era lo studio del comportamento di soggetti ai quali un’autorità, nel caso specifico uno scienziato, ordinava di eseguire delle azioni in palese conflitto con i valori etici e morali dei soggetti stessi.

Un tentativo di spiegare come anche le più brave ed oneste persone, in determinati contesti, possano perdere ogni remora e freno morale.

L’esperimento cominciò tre mesi dopo l’inizio del processo a Gerusalemme contro il criminale di guerra nazista Adolf  Eichmann.

Lo psicologo Stanley Milgram concepiva il controverso esperimento come un tentativo di risposta alla domanda

È possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?

Collegato a tale esperimento indirettamente ma non troppo fu il saggio “La banalità del male: Eichmann a Gerusalemme (Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil) scritto nel 1963, da Hannah Arendt  che sottopose a verifica  uno dei più controversi e scioccanti esperimenti di psicologia sociale nel 1961, quello appunto di Milgram.

L’esperimento

Il professore dell’Università di Yale (università privata situata a New Haven, nel Connecticut, Stati Uniti), Stanley Milgram, reclutò, attraverso annunci sui giornali locali o tramite inviti spediti per posta ad indirizzi presi dalla guida telefonica, circa 40 volontari, maschi, tutti tra i 20 e i 50 anni, di diversa estrazione sociale e professionale: insegnanti, dipendenti pubblici, ingegneri, operai e commercianti.

Fu loro comunicato che avrebbero collaborato, dietro una lauta ricompensa, ad un esperimento sulla memoria e sugli effetti dell’apprendimento: ad ogni volontario vero fu assegnato un “allievo” che era in realtà, un attore complice nell’esperimento.

Lo sperimentatore, nella fase iniziale della prova, con la complicità di un collaboratore, assegnava a mezzo sorteggio truccato, i ruoli di “allievo” e di “insegnante”: il soggetto ignaro era sempre sorteggiato come insegnante e il complice come allievo.

Essi erano condotti poi nelle stanze accuratamente predisposte per l’esperimento. L’inconsapevole ed ignaro insegnante era “posizionato” di fronte al quadro di controllo di un generatore di corrente elettrica, composto da 30 interruttori (a tensione differente compresa tra 15V e 450 V, ben evidenziata) a leva posti in fila orizzontale.

Sotto ogni gruppo di 4 interruttori apparivano le chiare diciture qui di seguito: (1–4) scossa leggera, (5–8) scossa media, (9–12) scossa forte, (13–16) scossa molto forte, (17–20) scossa intensa, (21–24) scossa molto intensa, (25–28) attenzione: scossa molto pericolosa, (29–30) XXX.

Era fatta percepire, all’insegnante, la vera scossa della terza leva (45 V) in modo che si rendesse personalmente conto che non vi erano trucchi o finzioni e gli venivano dettagliati in modo preciso i propri compiti, così come di seguito riportato:

  • l’insegnante legge all’allievo una serie di coppie di parole, come ad esempio: “scatola azzurra”, “giornata serena” e sarà compito dell’allievo di memorizzare tali coppie, in vista della fase successiva;
  • l’insegnante ripeterà il secondo termine di ogni coppia accompagnandola con quattro associazioni alternative, per esempio: “azzurra – auto, acqua, scatola, lampada”, e verrà chiesto all’allievo quale fosse, tra quelli elencati, il termine presente nella coppia originaria: ad esempio, “azzurra – scatola”;
  • l’insegnante decide se la risposta dell’allievo è corretta, altrimenti, infliggerà una punizione, aumentando l’intensità della scossa a ogni errore dell’allievo.

L’allievo, legato ad una sorta di sedia elettrica e con un elettrodo al polso, collegato al generatore di corrente posto nella stanza accanto, doveva rispondere alle domande, fingendo una reazione con implorazioni e grida di dolore al progredire dell’intensità delle scosse (finte, che in realtà non riceveva), fino a che, raggiunti i 330 V, non emetteva più alcun lamento, simulando di essere svenuto per le scosse precedenti.

Lo sperimentatore aveva la funzione, durante l’esame, di spronare e stimolare in modo “pungente” l’insegnante:

«l’esperimento richiede che lei continui», «è assolutamente indispensabile che lei continui», «non ha altra scelta, deve proseguire».

Il livello di obbedienza fu stimato e calcolato in base al numero dell’ultimo interruttore premuto da ogni soggetto prima che quest’ultimo interrompesse autonomamente la prova oppure, nel caso il soggetto avesse deciso di continuare fino alla fine, al trentesimo interruttore.

Esclusivamente alla fine dell’esperimento i soggetti furono informati sulla dinamica indolore (senza scosse) subita dalla vittima.

Milgram era convinto che sarebbero arrivati, pochi volontari, alla fine dell’esperimento (raggiungere il livello di 450 volt), ma con molta sorpresa da parte di tutti, nonostante alcune crisi ed un profondo senso di disagio in diversi volontari, tutto il campione dei 40 arrivò alla soglia dei 350 volt, mentre soltanto 5 si rifiutarono di applicare la scossa da 450 volt.

Contravvenendo alle attese, malgrado i soggetti della prova palesassero segnali di tensione e dissentissero verbalmente, una considerevole percentuale di questi obbedì in modo passivo allo sperimentatore.

Tale inaudito e stupefacente livello di obbedienza è stato spiegato in relazione ad alcuni elementi, quali l’obbedienza indotta da una figura autocratica, o meglio autoritaria, considerata legittima, la cui presenza induce uno stato eteronomico, (subordinato, di soggezione), caratterizzato dal fatto che il soggetto non si considera più libero di intraprendere condotte autonome, ma strumento per eseguire meri ordini.

Il campione testato nell’esperimento non ebbe la percezione di sentirsi moralmente responsabile delle proprie azioni, bensì esecutore dei voleri altrui, di un potere esterno che incuteva sudditanza inconscia.

Alla creazione del citato “status eteronomico” concorrono, principalmente, tre fattori:

  • una ragguardevole ed incredibile percezione di legittimità dell’autorità (nel caso in questione lo sperimentatore incarnava l’autorevolezza della scienza)
  • l’adesione, in ambito sociale, al sistema di autorità (l’educazione all’obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)
  • il delicato mondo delle “pressioni sociali” (andare contro lo sperimentatore, infatti, avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure avrebbe avuto come conseguenze la rottura dell’accordo fatto con lui).

Il livello di obbedienza a tale autorità, in vero,  mutava sensibilmente in relazione a due fattori: la distanza tra insegnante e allievo e la distanza tra soggetto sperimentale e sperimentatore.

Testarono, quindi, ulteriori quattro gradi di distanza tra insegnante e allievo: nel primo grado l’insegnante non poteva osservare né ascoltare i lamenti della vittima; nel secondo poteva ascoltare ma non osservare la vittima; nel terzo grado poteva ascoltare e osservare la vittima; nell’ultimo grado, il quarto, per infliggere la punizione, doveva afferrare il braccio della vittima indirizzandolo su una specifica piastra.

I risultati furono sorprendenti, come qui di seguito: nel primo livello di distanza, il 65% dei soggetti andò avanti sino alla scossa più forte; nel secondo livello il 62,5%; nel terzo livello il 40%; nel quarto livello il 30%.

Critiche

Nel 2011 Gina Perry, intervistando i protagonisti ed effettuando ricerche nell’archivio personale di Stanley Milgram, ha minato alla base e messo in discussione le modalità di esecuzione dell’esperimento, i cui risultati apparirebbero viziati da errori di impostazione.

Vista la messa in scena, infatti, sono stati documentati casi di “insegnanti” che, avendo sentito urla di dolore insopportabile seguite nell’immediato da risposte dal tono di voce normale degli “allievi”, avrebbero reagito a quella situazione surreale in maniera estraniata e mettendosi a ridere.

L’esperimento fu molto criticato anche dal punto di vista etico ma ebbe il merito di fare luce sui meccanismi oscuri e perversi che possono indurre, in determinati contesti, degli onesti e pacati individui, a “cambiar faccia” intraprendendo atti di inaudita e spietata violenza alle richieste di un’autorità

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