MIMÌ AYUHARA – LA NAZIONALE DI PALLAVOLO 22 Luglio 2021 – Posted in: Lo Sapevi che
MIMÌ AYUHARA E LA STORIA VERA DELLA SUA NAZIONALE DI PALLAVOLO (E DI QUEGLI ALLENAMENTI DISUMANI)
Visto che siamo entrati in clima olimpico, sia pure con queste Olimpiadi in ritardo e con non poca paura in omaggio, ti andava di riprendere una storia a cui abbiamo già accennato in passato. Il fatto che, per quanto possa sembrare incredibile, le vicende di Mimì Ayuhara, protagonista del celebre anime Mimì e la nazionale di pallavolo, sono in parte ispirate a una storia vera. SOPRATTUTTO per gli allenamenti infernali. E non a caso: la vera squadra era composta da streghe e allenata da un demone […]
Ne parlavamo di sfuggita in questo post sulla storia di Arrivano i Superboys e Shingo Tamai, pure quella ispirata, quanto meno come spunto iniziale, a degli eventi accaduti realmente. Lo stesso è avvenuto per il manga Attack no.1 di Chikako Urano, del 1968, divenuto un anno dopo un anime. Noto da noi, appunto, come Mimì e la nazionale di pallavolo, anche se nella prima messa in onda italiana, nell’81, si era usato il titolo Quella magnifica dozzina (e, ne scrivevi tempo addietro, una sigla da pellicola softcore anni 70).
Attack no.1 è stato un anime fondamentale in Giappone, apripista del mercato delle trasposizioni animate degli shojo, e in paesi come il nostro avrebbe generato un interesse enorme per la pallavolo, tra bambini e bambine dell’epoca, poi supportato da altre serie come l’altra Mimì e soprattutto Mila e Shiro. Ma di quello parliamo dopo.
Il punto è: perché proprio la pallavolo, come tema di questo manga? Perché qualche anno prima, alle Olimpiadi giocate in casa di Tokyo ’64, la nazionale di pallavolo femminile giapponese aveva conquistato l’oro, superando in un torneo a sei squadre l’Unione Sovietica.
Era l’ennesimo successo delle “Streghe d’Oriente” e del loro allenatore, il Demone.
LE STREGHE D’ORIENTE
Tutto ha inizio nel 1953, in una fabbrica di materiali plastici di Kaizuka, nei pressi di Osaka. La proprietà dello stabilimento Dai Nippon Spinning Co. crea una sua squadra di pallavolo delle sue operaie, con l’ambizioso progetto di farne una realtà dominante nel mondo del volley nipponico. La cosa riesce grazie a un coach determinato quanto inflessibile, Hirofumi Daimatsu, che per i suoi metodi d’allenamento massacranti prenderà presto il suggestivo nomignolo di “Demone Daimatsu” (Oni no Daimatsu).
La sua squadra, la Nichibo Kaizuka, diventa una macchina da guerra.
In breve, quasi tutta la nazionale di pallavolo è composta da giocatrici della Nichibo, e durante una trasferta in Europa, contrassegnata da una striscia di 24 vittorie consecutive contro altre squadre, i giornalisti battezzano quel team “le Streghe d’Oriente”. È la nascita di una leggenda.
Le Oriental Witches (in giapponese Tōyō no Majo) sono inarrestabili. Nonostante Daimatsu sia stato costretto a passare da un sistema di gioco a 9 elementi (adottato fino ad allora in Giappone) a quello internazionale a 6 giocatrici, arrivano un secondo posto ai Mondiali del 60, poi la medaglia d’oro a quelli del ’62.
Il team sta per sciogliersi, le giocatrici e l’allenatore non ce la fanno semplicemente più, e vorrebbero anche provare a farsi una vita. Ma sono subissati di lettere dai tifosi. Decidono di continuare a giocare per arrivare almeno alle Olimpiadi del ’64. E vincono l’oro anche lì.
PALLONATE TUTTO IL SANTO GIORNO
E poi ognuno è andato per la sua strada, e il Demone è diventato un parlamentare, nel ’68. Prima di lasciare questo piano dell’esistenza, dieci anni dopo, all’età di 57 anni. La striscia di 175 vittorie consecutive era frutto anche (a suo dire soprattutto) dei suoi allenamenti, dicevamo, disumani.
Otto ore filate, in cui il momento clou erano i massacranti tuffi a terra con rotolata, per migliorare la difesa sulle schiacciate avversarie.
Quei momenti drammaticissimi, nell’anime, in cui Mimì Ayuhara si spatafasciava al suolo disintegrandosi le spalle, sotto una pioggia di pallonate, a ogni allenamento? Tutto quel dolore, quella sofferenza? I metodi spartani del coach Shunsuke Hongo? Era tutto vero.
È appena uscito un documentario francese che racconta questa storia, proprio affiancando alle riprese dell’epoca alcune scene dell’anime. Si intitola The Witches of the Orient, ed è stato anche presentato il mese scorso al Pesaro Film Fest. Questo è il trailer. Guardate la scena dell’allenamento, dopo 0:58. Guardate soprattutto l’espressione di quelle ragazze tra il pubblico.
Qualche mese prima delle Olimpiadi di Tokyo ’64 (tenutesi in ottobre), un cronista di Sports Illustrated assiste a un allenamento delle Streghe, aperto al pubblico. E questo è il titolo pacatissimo con cui descrive l’esperienza:
fonte: archivio Sports Illustrated |
“TORNATENE DA TUA MADRE”
Nel testo si racconta degli allenamenti dalle 4 del pomeriggio a mezzanotte, sei giorni su sette, 51 settimane all’anno. Si iniziava alle 4 perché le giocatrici, che erano ancora delle operaie della fabbrica, dovevano prima lavorare, dalle 8 alle 15,30. Poi mezz’ora di pausa e via, di pallonate fino a notte. Dormivano tutte in un dormitorio della fabbrica, e la mattina dopo si ricominciava.
Durante quella sessione di training, continua il cronista di SI, una giocatrice resta a terra dolorante, come nella foto. L’ennesimo tuffo sulla spalla le ha fatto malissimo. Daimatsu le si avvicina e le dice, con dolcezza: “Tornatene a casa da tua madre, qui non ti vogliamo.” Un’altra, poco dopo, urta violentemente la caviglia contro una panchina in ferro, e resta anche lei spalmata sul parquet, in lacrime. Daimatsu le consiglia di passare “a una squadra di coreani che gioca in città”, perché magari da loro non è così dura.
Hirofumi Daimatsu, d’altronde, era fatto così. Durante la Seconda Guerra Mondiale era stato sbattuto nel nord dell’India a combattere gli Alleati, poco più che ventenne. Il tenente Daimatsu si era trascinato dietro un plotone di 40 uomini falcidiato dalla febbre e dalla malaria, senza cibo. Quando gli chiedevano perché i suoi allenamenti fossero così spietati, facile si facesse una risata.
I quotidiani giapponesi, che quel giorno di ottobre del ’64 celebrano la vittoria delle sue Streghe alle Olimpiadi di Tokyo, parlano di un Daimatsu in lacrime. Ma magari gli sudavano solo gli occhi.
LE DUE MIMÌ E MILA (E SHIRO)
Il successo di Attack no.1 genera tutta una serie di altre produzioni a tema pallavolo, distanti tra loro nel tempo, ma da noi arrivate in una manciata di anni. E tutte agganciate in qualche modo a Mimì Ayuhara (il cui vero nome era peraltro Kozue Ayuhara). Così, dopo Mimì e la nazionale di pallavolo, arriva il clone Ashita e Attack! (“attacco al domani”), un anime del ’77, che però in Italia esce a ridosso del precedente, come Mimì e le ragazze della pallavolo.
Al di là dei titoli pressoché identici, a complicare ulteriormente le cose, e generare facile confusione tra le due Mimì, il fatto che qui la protagonista si chiama effettivamente Mimì, con o senza accento (Mimi Hijiri in originale, Mimì Miceri nella versione italiana) e che le sigle dei due anime sono cantate entrambe da Georgia Lepore.
Mila e Shiro – Due cuori nella pallavolo, manga e anime dell’84, ha in originale l’ennesimo titolo ispirato a quello della prima Mimì, cioè contenente la parola “attack”. In questo caso, Attacker You!, gioco di parole con il nome della protagonista, Yu Azuki (da noi Mila Azuki). Come noto, in Italia Mila viene spacciata in un episodio per una cugina di Mimì Ayuhara, perché sì, si portava. Rudy, quello della palla al centro per, non aveva forse fatto la stessa scuola di Benji Price?
Ah, sì, e c’era pure quella faccenda dei Radiohead. Se siete fan della band, magari non lo sapete, ma Mimì Ayuhara ha partecipato alla creazione di alcune delle vostre canzoni preferite.
La Fender Telecaster Plus di Jonny Greenwood, con lo sticker di Mimì / Kozue sul battipenna consumato dall’uso, è stata utilizzata dal musicista per registrare diversi album dei Radiohead dal ’95 in poi e brandita in tantissimi live, diventando la sua chitarra più famosa. Tutte quelle volte che avete sentito Paranoid Android o No Surprises? C’era pure Mimì, lì con voi.
E qui avremmo finito, non fosse che Effe ti ricorderebbe che non si può parlare di Mimì senza menzionare il suo tratto più caratteristico.
Perché, ecco, le vere giocatrici di pallavolo del ’64, le Streghe di Daimatsu, quattro incisivi in ciascun occhio non ce li avevano mica.
(Fonte bit.ly/3kNxEdc)