Samurai e D’Annunzio: Storia Dimenticata 24 Gennaio 2025 – Posted in: Lo Sapevi che – Tags: , , , , ,

Il Samurai di D’Annunzio: Una Storia Dimenticata di Amicizia e Rivoluzione

Immaginate una storia così straordinaria che sembra essere uscita dalle pagine di un romanzo d’avventura: un samurai giapponese che diventa il braccio destro di Gabriele D’Annunzio, poeta, soldato e rivoluzionario italiano.

Questa non è finzione, ma la vera storia di Harukichi Shimoi, il “camerata samurai” che ha sfidato ogni convenzione del suo tempo.

Un Incontro Destinato

Harukichi Shimoi non era un qualunque straniero in Italia. Proveniva da una famiglia giapponese profondamente radicata nelle tradizioni del Bushidō, il codice morale dei samurai.

Eppure, invece di rimanere fedele a un destino già scritto, decise di intraprendere un viaggio che lo avrebbe portato al cuore dell’Italia, letteralmente e metaforicamente.

Tra il 1915 e il 1916, Shimoi giunse a Napoli non come un conquistatore, ma come un studioso. Il suo obiettivo? Approfondire lo studio di Dante Alighieri.

Ben presto, divenne docente di lingua giapponese e si innamorò talmente della città che imparò perfino il dialetto napoletano, mescolando la rigida disciplina samurai con la calda passionalità partenopea.

La Guerra e la Trasformazione

Quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale, Shimoi non si tirò indietro. Inizialmente corrispondente di guerra, si arruolò presto nel Regio Esercito Italiano, unendosi agli Arditi, l’élite dei reparti d’assalto. Immaginatelo: un samurai che combatte all’arma bianca nelle trincee italiane, che nel tempo libero insegna karate ai suoi commilitoni e recita poesie con accento napoletano.

In un passaggio toccante del suo libro “The Italian Front as Seen by a Japanese Samurai”, Shimoi descrive la guerra come un’esperienza dantesca: “Tutto mi sembrava come se mi fossi trovato nell’Inferno di Dante. La solennità, la grandezza del Divino Poema, potevo sentirle pienamente quella sera sul Piave”.

L’Incontro con D’Annunzio

La vera svolta arriva con l’incontro con Gabriele D’Annunzio. Due spiriti ribelli, accomunati da un’idea di patria e di eroismo che travalicava i confini geografici e culturali. Insieme parteciparono all’impresa di Fiume nel 1919-1920, con Shimoi che diventò un prezioso alleato grazie al suo passaporto diplomatico e al suo aspetto “poco italiano” che gli permetteva di muoversi indisturbato.

Un’Amicizia Controversa

La storia prende però risvolti controversi. Shimoi abbracciò il fascismo e successivamente il nazismo, vedendoli come movimenti “spirituali” affini al Bushidō. Nel 1922, partecipò alla Marcia su Roma, iniziando un percorso che lo avrebbe portato a dedicare la vita a stringere rapporti tra il Giappone e l’Italia.

Riflessioni Finali

La vita di Harukichi Shimoi ci interroga su concetti complessi: fedeltà, tradizione, rivoluzione. Un samurai che diventa italiano, un poeta che attraversa le guerre, un uomo che sceglie di appartenere a una causa più grande di sé.

Come disse efficacemente il regista Hayao Miyazaki, commentando indirettamente storie come quella di Shimoi: “Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale”. Una provocazione che invita alla riflessione critica.

Shimoi rappresenta un capitolo dimenticato della storia, un ponte umano tra culture apparentemente lontanissime, un racconto che sfida gli stereotipi e ci ricorda come l’umanità sia sempre più complessa delle nostre categorie.

Una storia che merita di essere raccontata, per non dimenticare mai che dietro ogni grande evento ci sono sempre storie individuali di straordinaria passione e coraggio.

“Il modo del samurai è nella morte. Quando è arrivato il momento di affrontare la morte, affronta la morte con spirito indomito.” (cit. Tsunetomo Yamamoto)

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