Forbici o forbice? 16 Febbraio 2021 – Posted in: Grammatica, Parole
Sabrina Marrancone dalla provincia di Teramo, Umberto Ferrara da Pozzuoli, Lucia Minni da Cagliari e Antonio Paddeo da Oristano ci chiedono se, per indicare il familiare utensìle, si debba usare forbice o forbici;
Matteo S. Da Sondrio fa anche riferimento al titolo della traduzione italiana del film Edward mani di forbice; altri, come Anna Stella Mancino di Taranto, tirano in ballo anche la locuzione un paio di ….
Risposta
Il lemma, correntemente registrato nei dizionari di lingua più recenti nella forma fòrbice, al singolare si riferisce, regionalismi a parte, a usi figurati propri del linguaggio militare (“nelle opere di fortificazione, tipo di baluardo collocato davanti alla cortina, …”, “tattica militare degli antichi Romani”), del linguaggio sportivo (“movimento compiuto rapidamente dalle gambe di un atleta nel salto in alto”, “in alcuni tipi di lotta, nome di particolari colpi per far cadere l’avversario”, “nel calcio e nel nuoto, lo stesso, ma meno com., che sforbiciata“, “in alpinismo, […] tipo di salita adottata in scalate particolarmente impegnative e nell’arrampicata artificiale[…]”), del linguaggio economico (“differenza tra i prezzi all’ingrosso e quelli al minuto, che può crescere o diminuire”).
All’elenco, tratto dal Vocabolario Treccani , aggiungiamo un ulteriore significato riferito al linguaggio cinematografico in cui forbice traduce l’inglese clapp per indicare l'”asta a strisce diagonali alternate bianche e nere che batte sul ciack per determinare il sincronismo tra la macchina da presa e il registratore audio” (cfr Dizionario dei termini cinematografici).
Solo ZINGARELLI 2007 attesta anche per forbice il valore di “strumento chirurgico per tagliare” e quello letterario di “grande e pesante cesoia”.
Negli stessi dizionari di lingua il significato di “strumento per tagliare formato da due lame d’acciaio, incrociate e fermate al centro da un perno, che hanno all’estremità due anelli in cui si infilano l’indice e il pollice della mano” (GRADIT 2007) è preceduto dalla specificazione “per lo più al plurale” (GDLI, Vocabolario Treccani e Devoto-Oli 2008) o “specialmente al plurale” (GRADIT e ZINGARELLI 2007).
Solo nel Sabatini Coletti 2008 troviamo semplicemente: “Al plurale strumento da taglio …”; più categorico il De Felice-Duro (uscito nel 1974, ma così anche nell’edizione 1993), che annota “Si usa sempre al plurale”.
Andando ancora indietro nel tempo, il Vocabolario della lingua italiana di Giulio Cappuccini (edizione 1935) ha addirittura il lemma al plurale (forbici), con la notazione di “antiquato” per il singolare.
Lo stesso vocabolario, nell’edizione curata dieci anni più tardi da Bruno Migliorini, cambia la notazione per forbice in “antiquato e regionale”, formulazione adottata successivamente dall’edizione 1965 del Dizionario Garzanti; il riferimento alla regionalità si trova anche nel GDLI e nelle recenti edizioni del Vocabolario Treccani e del Devoto-Oli.
Dall’esame del panorama dialettale della penisola, possibile attraverso l’analisi della carta 1545 dell’AIS “Le forbici”, risulta che, denominazioni dialettali a base etimologica diversa a parte, l’Italia settentrionale preferisce l’uso di forme riconducibili a la forbice/la forbicia; l’area centrale (Toscana, Lazio, Marche e Umbria) mostra compattamente il femminile plurale (le forbice o le forbici), mentre si ha di nuovo prevalenza del femminile singolare in Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia e Calabria.
Infine nelle estreme propaggini di Calabria e Puglia è presente il maschile plurale (i forbici e simili); ancora plurale in Sicilia, soprattutto nord-occidentale, mentre nel resto dell’isola torna il singolare femminile.
In Sardegna convivono, accanto al tradizionale e molto diffuso sos ferros (i ferri) e suoi diminutivi, il singolare femminile al nord e il femminile plurale in area occidentale. La scelta a livello di italiano regionale sarà probabilmente influenzata dalla forma dialettale locale, il che renderà la forma plurale praticamente obbligatoria in Italia centrale, ma improbabile o almeno non scontata in buona parte del resto della penisola.
Per ciò che riguarda la tradizione letteraria la maggioranza degli autori sembra adeguarsi al modello toscano (e centrale) propugnato già a partire dalla prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca.
È anche vero che si trovano parallelamente, se pur minoritarie e sempre in autori non toscani, attestazioni dell’uso del singolare: per citare solo alcuni degli autori considerati nel corpus Bibit, lo troviamo più volte nei componimenti poetici del napoletano Giovambattista Marino (XVII secolo), nell’epistolario di Vincenzo Monti, e poi in Foscolo, in Leopardi (sempre in associazione allo strumento usato dalla Parca Atropo), nelle Poesie giovanili del Manzoni e nelle opere di Verga; d’altra parte questi stessi autori mostrano anche l’uso del plurale.
Resta comunque il fatto che l’uso del singolare affiora anche nei grandi autori della letteratura nazionale; rivelatore e forse un po’ provocatorio, vista la sua posizione antitrecentista riguardo alla questione della lingua, un passo riportato anche in GDLI del romagnolo Giulio Perticari (1779-1822), il quale parafrasando Dante scrive: “L’umana nobiltà era dall’Alighieri figurata ad un manto che ogni dì si raccorcia, perché il tempo gli va d’intorno con la forbice e la consuma” (corsivo nostro). Il brano del canto XVI del Paradiso a cui si allude recita: “Ben se’ tu manto che tosto raccorce,/Sì che, se non s’ appon di die in die,/Lo tempo va dintorno con le force” dove force, da forbice, o forfice, per sincope, è evidentemente un plurale.
Le tendenze attuali dell’uso informale attingibili da un sondaggio in rete rivelano, specialmente nei siti specializzati nella produzione e vendita dello strumento, una netta prevalenza del plurale (la ricerca di “forbice da giardino”ottiene poco più di 1500 risultati, contro gli oltre 90.000 per “forbici da giardino”, anche se siamo coscienti che in molti casi potrebbe trattarsi di un “plurale effettivo”; più o meno la stessa proporzione nel rapporto tra “forbice” e “forbici da giardinaggio”, “per potare”, “per capelli”, “per parrucchieri”, “da sarto”); mentre a sorpresa “forbice da ricamo” supera di gran lunga “forbici da ricamo”.
Una curiosità che conferma il rapporto con l’area geografica della scelta del singolare: in provincia di Lecco esiste una Bottega della forbice e, con un tocco di esotismo in più, in provincia di Pesaro Urbino, troviamo una Boutique della forbice. Sempre dalla rete e dalle pubblicazioni di settore sembra confermata l’indicazione di ZINGARELLI per cui per lo strumento chirurgico si preferisce la forma al singolare.
Il motivo per cui si usa preferibilmente il plurale è evidentemente il riferimento a un oggetto che si compone di due parti uguali, sia nella sua antica forma (così descritta fino alla IV edizione del Vocabolario della Crusca: “Strumento di ferro da tagliar tela, panno, e simili, fatto d’una lama di ferro ripiegata nel mezzo, la qual ripiegatura, detta calcagno, fa uficio di molla, e le due parti rappresentano due coltelli, che si riscontrino col taglio, e, stretti insieme, mozzan tutto ciò, che vi s’interpone”), sia in quella che tutti noi conosciamo. In italiano abbiamo altri esempi di termini riferentisi a oggetti simili: pinze o tenaglie, per rimanere nel campo degli utensili, ma anche occhiali, calzoni o pantaloni, mutande (e tutti come forbicipossono essere usati localmente al singolare).
Tutti questi oggetti costituiscono una unità (a differenza di scarpe, calze, guanti o orecchini che sono costituiti da due unità effettivamente distinte, denominabili con il singolare), ma anche una pluralità o meglio una “dualità”: partecipano insomma sia del plurale che del singolare. È facile capire l’oscillazione tra l’uso del plurale e del singolare riscontrabile per ognuna di queste forme, almeno in una prospettiva diatopica; l’uso della forma singolare quindi più che un errore sarà da ritenersi una scelta meno consueta e legata ad ambiti regionali.
Venendo all’impiego del sintagma un paio di forbici a cui si riferisce l’utente di Taranto (così come di un paio di pinze, di tenaglie, di occhiali ecc.), questa forma si mostra obbligatoria, laddove si usi la forma sempre al plurale, per indicare il singolo oggetto quando questo non sia già determinato.
Infine il titolo originale del film statunitense del 1990, citato dall’utente di Sondrio, Edward Scissorhands, è stato tradotto in italiano Edward mani di forbice coniando un sintagma che ha avuto un discreto successo sia nel mondo dei parrucchieri, dove pare usato come appellativo per indicare un esperto nel taglio dei capelli, sia in ambito giornalistico, dove è riferito di volta in volta al capo del governo o a vari ministri, specie a quello dell’Economia e delle Finanze, con allusione evidente.
Probabilmente sulla scelta del singolare ha influito il modello di altre espressioni analoghe già consolidate nell’uso, quali mani di velluto, di fata, di burro, di pasta frolla; lo stesso può essere avvenuto per un altro sintagma che vede impiegato abbastanza frequentemente il singolare, colpo/colpi di forbice, alla cui formazione non sono forse estranei i più noti colpo di spugna, di coltello o di fucile.
(Fonte bit.ly/3s2ucMb)