PUNTEGGIATURA : REGOLE ED ESEMPI 28 Gennaio 2021 – Posted in: Grammatica

La punteggiatura o interpunzione indica le pause del discorso mediante segni grafici (la virgola, il punto, il punto e virgola, i due punti, il punto interrogativo, il punto esclamativo, i puntini di sospensione, le lineette, le parentesi, le virgolette), la cui collocazione risponde ad una esigenza pratica di chiarezza logica e, al tempo stesso, ha valore espressivo (ad esempio, quando si desidera porre in evidenza una parte della frase, oppure quando si vuole creare un senso di attesa).

La punteggiatura regola l’articolazione del pensiero; essa sottolinea in modo visibile le relazioni sintattiche (cioè il loro corretto rapporto) tra le componenti del discorso, organizzando quest’ultimo in una gerarchia di unità logiche di maggiore o di minore importanza; traduce nella lingua scritta la dinamica del discorso parlato (come, ad esempio, avviene per gli scrittori che tentano di conferire maggiore verosimiglianza ai dialoghi). La punteggiatura può variare nelle sue forme in base all’autore del testo e rappresentare un elemento stilistico; tuttavia, in base all’uso ed alle convenzioni che ne sono seguite, se ne possono fissare le norme e le costanti. Quindi, l’uniformità nell’impiego dei segni d’interpunzione ha reso possibile l’individuazione di una punteggiatura “logica”, la cui funzione non va sottovalutata, poiché rappresenta il collante che garantisce la coerenza e la fruibilità della comunicazione.

Le discussioni che si sono fatte sulla punteggiatura, dalla fine del secolo XIX ai giorni nostri, vertono sull’opportunità di rendere parsimonioso e regolato l’impiego dei segni. L’uso stilistico di essi è sembrato a numerosi trattatisti una minaccia alla stabilità delle regole di punteggiatura, mentre la concezione di una punteggiatura rigorosamente logica incontrava ostacoli a volte insormontabili. Contro la tendenza ad un contemperamento tra punteggiatura logica e punteggiatura stilistica, D’Ovidio obiettava che ne sarebbero conseguite incertezze e perplessità per scrittori e lettori. Come esempio di perfetta interpunzione, alcuni trattatisti propongono ancora oggi passi di Carducci che propendeva, non senza oscillazioni, per una punteggiatura misurata. L’odierna tendenza alla semplificazione della punteggiatura corrisponde allo svincolarsi dell’espressione dalle strutture logiche e sintattiche e dal ritmo della prosa ottocentesca. Francesco Flora annota che “i moderni tendono con ragione a diradare i troppi segni di interpunzione. Ma sono anche capaci di abolirli affatto, talvolta per eccesso di raffinatezza, talvolta per manifesta ignoranza.”

Qui sotto è possibile leggere una analisi dettagliata dei segni d’interpunzione, per studiare gli errori commessi più comunemente.

1. La virgola

Fra i segni d’interpunzione, la virgola (,) è quello che indica la più breve pausa nel discorso. Esso è il più frequente e, di conseguenza, è quello che richiede maggiore attenzione. In genere, la virgola va usata nelle elencazioni, quando si descrivono azioni compiute dallo stesso soggetto, quando di desidera specificare una qualità (come nel caso della apposizione), quando si introduce un inciso che serve a chiarire una circostanza (ad esempio: Antonio, cioè il mio amico d’infanzia, ha trovato un lavoro). Quando si cambia il soggetto della frase, è bene utilizzare il punto e virgola e non la virgola, poiché il discorso compie un piccolo salto logico ed il lettore deve focalizzare l’attenzione su un nuovo autore dell’azione descritta. Un errore frequente, che va assolutamente evitato se non si è scrittori o se non si desidera adottare una scrittura creativa, è la separazione del soggetto dal verbo tramite una virgola, perché il concetto da esprimere verrebbe slegato da una componente logica, cioè l’azione; ad esempio, la frase “Luca, ha comprato una nuova macchina” è sbagliata se si vuole descrivere in modo didascalico l’azione compiuta da Luca; al contrario, la stessa frase sarebbe corretta soltanto se si volesse porre l’attenzione sul soggetto (Luca), distinguendolo da altri. In casi simili, quando non si intende fare un uso “libero” della punteggiatura, una buona soluzione potrebbe essere la seguente: “E’ stato Luca a comprare una nuova macchina“, in modo da evitare al lettore ogni fraintendimento e da non rischiare di incorrere in un possibile errore.
Ecco un elenco di regole utili a individuare il corretto uso della virgola.

La virgola è usata nei seguenti casi.

  • Nelle enumerazioni, nelle ripetizioni e nelle descrizioni.Esempi: In quella stanza vidi te, tuo padre, tua madre, tuo fratello; Cammina, cammina, cammina, arrivammo a un paesetto; Il panorama era bello, suggestivo, nuovo.Solitamente l’ultimo elemento della serie si unisce agli altri con la congiunzione e, invece che con la virgola: Il panorama era bello, suggestivo e nuovo.
  • Nelle enumerazioni la virgola si adopera anche quando ci siano delle congiunzioni (?), purché queste siano ripetute ad ogni termine: E corre, e si precipita, e vola; oppure O Roma, o morte.
  • Di regola, la virgola si omette quando sono usate le congiunzioni e, o, ovvero, oppure, né.Esempi: Né l’oro né gli onori possono piegarmi; Verrò domani o dopodomani o lunedì, tranne quando si vogliono ottenere effetti particolari, con pause più frequenti nel discorso: “Qui a Milano, o nel suo scellerato palazzo, o in capo al mondo, o a casa del diavolo, lo troverò” (Manzoni).La congiunzione o, pur essendo comunemente designata come disgiuntiva, ha tre usi notevolmente diversi, potendo disgiungere termini che si escludono a vicenda, come nella frase: scherzi o fai sul serio?;
    oppure proporre un’alternativa tra due o più termini, talvolta con valore inclusivo, come nella frase: di solito, la sera leggo o guardo la televisione;
    o, infine, introdurre un secondo termine che è spiegazione o precisazione del primo, con valore esplicativo (cioè con valore di “ossia”, “e cioè”, “o per meglio dire” e simili), come nella frase: l’elettricità animale o bioelettricità.
  • Agli scrittori, cioè a coloro che fanno un uso creativo o artistico della punteggiatura, è consentito porre una virgola tra il soggetto ed il verbo: infatti, le esigenze dello stile narrativo consentono quello che a scuola è considerato un grave errore. Un uso efficace ed originale della punteggiatura venne fatto da Manzoni che alla frequenza delle virgole affidò la traduzione delle più svariate inflessioni di voce, scostandosi non di rado dalla norma. In certi casi, il famoso scrittore collocò la virgola tra il soggetto ed il suo immediato verbo.Esempi: “Agnese, s’era affacciata invano“; “Voi, mi fate del bene, a venir qui“; “Però, di tante belle parole Renzo, non ne credette una” (Manzoni).
  • La virgola si pone al principio ed alla fine di un inciso, di un vocativo (?), di un’apposizione (?), di un’interiezione (?), di complementi circostanziali.Esempi: Roma, capitale d’Italia, è città antichissima; Mamma, aiutami tu!; L’autore, come sopra dicevamo, assistette alla prima rappresentazione; Oh, potessi scrivere così bene!; Il sole splende, nel vespero, con minor fiamma.
  • La virgola può essere usata prima e dopo i complementi che non si riferiscono alla parola precedente, o che sono spostati nell’ordine naturale della frase.Esempi: Per me, può far quel che vuole; Di soldi, ne ho speso abbastanza; Disse tutto, con acconce parole, ai suoi genitori.
  • La virgola può seguire alcuni avverbi (?) come sì, no, bene (quando essi hanno valore di un’intera proposizione) ed essere inserita dopo le congiunzioni infatti, in effetti, di fatto.Esempi: Sì, ho una buona speranza; No, non posso venire; Bene, ce la vedremo; Laura ha l’influenza. Infatti, non uscirà.
  • La virgola può precedere le seguenti congiunzioni (?).- Ma, tuttavia, però, anzi: ad esempio, Mi piace la musica moderna, ma preferisco quella classica.– Anche se, benché, per quanto, sebbene: Il mio amico, sebbene fosse stato ferito, non mi abbandonò mai.

    – Mentre, quando: Io uscivo, mentre egli arrivava.

    – Giacché, poiché: Ti credo, giacché lo dici con tanta passione.

  • Prima di ‘ma’, la virgola può essere presente o mancante, a seconda della struttura logica del discorso e degli effetti stilistici ricercati. Come congiunzione avversativa si usa per coordinare due elementi di una stessa frase o due frasi, nel qual caso è preceduta da virgola, punto e virgola o due punti. Eccone alcuni esempi, tutti corretti:Poveri ma belli; Parla, ma prima rifletti; Non fiori ma opere di bene; Concluderemo l’accordo anche nel caso in cui sia poco conveniente ma ci garantisca un ritorno di immagine; Era un uomo stupido, ma onesto; Mi pregò più volte; ma come avrei potuto accontentarlo?.
  • Prima delle congiunzioni (?) correlative ‘sia… sia’ e ‘né… né’, la virgola non si mette se la prima congiunzione (‘sia’ o ‘né’) lega la parte che la segue direttamente a ciò che precede, come nei due esempi seguenti:(1) La casa è confortevole sia d’inverno sia d’estate;
    (2) Non sa né leggere né scrivere.Altrimenti, si può mettere la virgola: ad esempio, Ho portato il bambino in riva al mare, sia per farlo giocare con la sabbia sia per fargli respirare un po’ d’aria pura.

    Prima della seconda congiunzione, la virgola si mette se la parte che segue la prima (tecnicamente detta “costituente“) è molto lunga: ad esempio, Una sincera espressione di affetto non la trovò, né nella dolcezza sempre immutabile con cui m’accoglieva ogni volta, né nella sua cura materna con cui mi proteggeva dagli spifferi d’aria.

  • La virgola si usa anche nelle date di uno scritto, dopo il nome del luogo da cui si scrive.Esempio: Roma, 31 agosto 2011.
  • La virgola va usata soprattutto nei casi in cui l’omissione potrebbe generare confusione, come nei seguenti esempi:(1)   Che dice, Luigi? (senza la virgola Luigi sarebbe soggetto invece che vocativo, in una frase dove si dà del lei a Luigi);(2)   Ho consigliato a Paolo di studiare, come dicevi tu, che equivale a “ho consigliato a Paolo di studiare, come tu mi dicevi di consigliarlo”. Senza la virgola, come vorrebbe dire “nel modo in cui” e l’intero enunciato significherebbe: “Paolo ha studiato nel modo in cui tu dicevi che avrebbe dovuto studiare”.

    (3)   Nella vecchia autorimessa c’erano carcasse di copertoni, stracci di tessuto, lamiere contorte, e pezzi di vetro dappertutto (in questo caso, la virgola chiarisce che “dappertutto” erano solo i pezzi di vetro).

    (4)   Ascoltava il radiocronista che trasmetteva la partita di calcio, e annotava le reti segnate dai calciatori (se si fosse omessa la virgola, il soggetto sottinteso “egli” si sarebbe limitato ad ascoltare e non avrebbe compiuto l’azione di annotare le reti, che sarebbe stata attribuita al radiocronista).

  • La virgola va usata per dividere le proposizioni (?) coordinate per asindeto (?), cioè senza legame, senza congiunzioni.Esempi: Disse molte parole, espose le sue idee, criticò i nostri progetti, se ne andò; Fabio si alzò, aprì la finestra, si stropicciò gli occhi, guardò fuori con stupore: i tetti erano ricoperti di neve.
  • La virgola è utile per distinguere le varie proposizioni che compongono il periodo (?).Esempio: Ho visto, mentre partivo, che arrivava tua madre, ma non le ho detto niente, perché era tardi.
  • La virgola va usata nelle proposizioni in cui non si ripeta il verbo già espresso in una proposizione precedente, oppure per indicare che si è tralasciato un termine o un gruppo di termini.Esempi:(1)   Le fortezze furono smantellate; le città, distrutte; le campagne, devastate (in questo caso, si omette di ripetere il verbo furono.

    (2)   Sei di questi libri sono miei, tre [di questi libri sono] di Laura, due [di questi libri sono] di Carlo.

  • Si usa pure la virgola quando la proposizione relativa non si riferisce alla parola immediatamente precedente.Esempi:(1)   Il treno di Francesco, che arriva a mezzogiorno (in questo caso, ad arrivare a mezzogiorno è il treno e non Francesco).

    (2)   Il treno che arriva a mezzogiorno da Roma (si omette la virgola perché la relativa “che” si riferisce alla parola immediatamente precedente e cioè al treno).

    In alcuni casi, la proposizione (?) relativa ha un valore determinativo o specificativo e talvolta un valore appositivo e incidentale. Nel primo caso la proposizione si scrive senza virgola, nel secondo tra due virgole.

    Esempi:

    (1)   Gli amici che ti amano ti aiutano (la proposizione relativa “che ti amano” ha valore specificativo, poiché determina quali amici ti aiutano e cioè quelli che ti amano).

    (2)   Gli amici, che ti amano, ti aiutano (la proposizione relativa “che ti amano” qui ha un valore incidentale, poiché indica un attributo del soggetto “gli amici”).

    Come si vede, il senso di una medesima frase può mutare in base al valore della proposizione relativa ed all’uso della virgola.

Casi in cui è meglio non usare la virgola.

  • Tra la proposizione reggente ed una proposizione oggettiva o soggettiva, purché non segua un inciso o sia invertito l’ordine naturale della frase.Esempi (le due frasi dopo la barretta  “/”  rappresentano la forma alternativa, cioè quella con l’inciso, in cui va usata la virgola):(1)   Lo seppi molto tardi che tu avevi dato le dimissioni;  /  Che tu avevi dato le dimissioni, io lo seppi molto tardi (in questo caso è usata la virgola perché viene invertito l’ordine naturale della frase).

    (2)   Era chiaro che aspettavano me;  /  Era chiaro, lo sapevano tutti, che aspettavano me (nella frase viene incluso un inciso, posto tra due virgole).

  • Con le proposizioni interrogative indirette.Esempi:(1)   I filosofi discutono la questione se il mondo sia stato creato o no.

    (2)   Nessuno sapeva dove si fosse cacciato.

  • tra il predicato e il suo complemento: Carlo non riusciva a trovare la soluzione del problema.

 

2. Il punto e virgola

Il punto e virgola (;) è uno dei segni di interpunzione che va scomparendo nell’uso comune. Purtroppo, l’idea di una punteggiatura affidata all’orecchio o al gusto, che dovrebbe ricalcare le pause fatte nel discorso, ha reso il ricorso ad esso problematico, poiché il punto e virgola si colloca tra la pausa breve della virgola e quella più lunga indicata dal punto (fermo). Se, invece, la punteggiatura venisse considerata nella sua funzione principale, che è quella logico-sintattica, ci si accorgerebbe che il punto e virgola assolve ad una funzione ben precisa, molto utile a rendere più chiaro e fruibile il testo scritto. In sostanza, esso va usato quando al lettore viene richiesto di compiere un piccolo salto logico, passando – ad esempio – ad un soggetto diverso, oppure quando, all’interno dello stesso concetto, se ne descrive una variante; oppure, ancora, quando si vuole evitare la proliferazione di virgole all’interno di una stessa frase.

Esempio del primo caso: “Giovanni mangiò una pizza che non gli piacque; Francesco ne ordinò una ai quattro formaggi“.

Esempio del secondo caso: “Mi sono chiesto tante volte chi fosse; ho anche pensato che si trattasse di una persona dalla doppia vita“.

Esempio del terzo caso: “La mia casa è molto bella, piena di comodità e con una vista stupenda; inoltre, l’ho anche pagata poco, se si considerano i prezzi di mercato”.

In sintesi, si potrebbe dire che il punto e virgola indica una pausa un po’ più lunga della virgola, che si fa dentro al periodo (?), per separare tra loro i termini di un’enumerazione, ciascuno dei quali piuttosto lungo e complesso; oppure, vi si può fare ricorso anche per segnalare che c’è una differenza tra due ordini di circostanze, o addirittura un’opposizione, ma non così marcata da escludere una certa relazione tra loro.

Esempio: “Senza aspettar risposta, fra Cristoforo andò verso la sacrestia; i viaggiatori usciron di chiesa; e fra Fazio chiuse la porta, dando loro un addio, con la voce alterata anche lui” (A. Manzoni).

  • Il punto e virgola si usa nelle enumerazioni di pensieri, nelle descrizioni, nelle rappresentazioni di varie azioni successive e quasi collegate l’una all’altra.Esempio: “Prendeva, per esempio, il bicchiere, beveva un sorso e poi lo rimetteva a posto con un colpo forte sulla tavola; cercava la saliera, ne toglieva un pizzico di sale e poi giù, deponendola, un altro colpo; afferrava il pane, lo spezzava e quindi lo riposava con un terzo colpo” (Moravia).
  • E’ opportuno usare il punto e virgola specialmente quando si susseguono tante proposizioni (?) principali con molte proposizioni secondarie frapposte tra di loro, così che è necessario interrompere il discorso troppo lungo con qualcosa di più di una virgola, distinguendo ciascun gruppo.Esempio: “Chiese quindi licenza; e, abbracciato di nuovo il padron di casa, e tutti quelli che, trovandosi più vicini a lui, poterono impadronirsene un momento; si liberò da essi a fatica; ebbe a combatter nell’anticamera, per isbrigarsi da’ servitori, e anche da’ bravi, che gli baciavano il lembo dell’abito, il cordone, il cappuccio; e si trovò sulla strada, portato come in trionfo, e accompagnato da una folla di popolo, fino a una porta della città; donde uscì, cominciando il suo pedestre viaggio verso il luogo del suo noviziato” (Manzoni).
  • Conviene usare il punto e virgola anche quando ad una proposizione ne segue un’altra con soggetto o tema diverso.Esempi:
    Paolo leggeva il libro con molta attenzione; Francesco eseguiva i compiti.“Il progresso economico ha prodotto macchine che assomigliano a uomini; e la corrispondente evoluzione sociale modella sempre più uomini che somigliano a macchine” (I. Silone).
  • Inoltre, il punto e virgola si può usare pure nelle contrapposizioni, prima delle congiunzioni (?) avversative ma, anzi, tuttavia, ecc. (la virgola è sufficiente quando si contrappone un solo elemento della proposizione: Era addolorato, ma fiero).Esempi:
    Ti avrei avvertito in tempo; tuttavia, me lo hanno impedito;Quando vidi che tutti mi fissavano, mi colse l’imbarazzo; comunque, non mi persi di coraggio e risposi.
  • Il punto e virgola è opportuno prima di un elemento connettivo testuale forte come “inoltre”, “quindi”, “a meno che” e così via.Esempio: Le cose non gli andavano bene dal punto di vista economico; inoltre, litigava spesso con sua moglie.
  • Il punto e virgola si adopera anche quando sono presenti specificazioni dei termini di un elenco.Esempio: “Si girano [le signorine] tutte su le sottanine gonfie; son tutte fiorite; tutte stanno diritte su le scarpine lucide; in alto dondolano pennacchietti” (A. Panzini).

 

6. I due punti

Altro segno della punteggiatura che gode sempre meno di popolarità è quello dei due punti, sebbene esso sia particolarmente utile a sintetizzare un discorso ed a sottolineare una spiegazione o una elencazione (di solito, viene usato in quest’ultimo caso). Un esempio di sintesi del discorso: “Non risposi alla sua domanda: era stupida”; senza i due punti, sarebbe stato necessario aggiungere la congiunzione “perché” (o “poiché”). Ecco un esempio con cui si sottolinea una spiegazione, accresecendone l’effetto drammatico: “Aveva gli occhi scavati e rossi: nella notte, un suo amico era stato travolto da un’auto”. Esempio di elencazione: “In una persona sono queste le doti che mi piacciono: sincerità, lealtà, generosità”.

Quindi, la funzione dei due punti è soprattutto esplicativa e chiarificativa di una affermazione; farvi ricorso consente di conferire espressività al testo, rendendolo più denso e intelligibile per il lettore. L’unico rischio, più frequente di quanto si immagini, è quello di abusarne, ottenendo il risultato di rendere più complicata la frase.
Per riassumere, i due punti (:) servono per introdurre un discorso diretto, una citazione testuale, una enumerazione, una frase che serve da chiarimento o da amplificazione di quanto precede: ad esempio, “L’animo dell’astuto è come la serpe: liscia, lucente, lubrica e fredda” (N. Tommaseo).

I due punti si usano nei sottostanti casi.

  • Quando si devono riferire testualmente le parole di altri; in questo caso, sono seguiti anche da una lineetta (o da virgolette) e dall’iniziale maiuscola.Esempi:
    Carlo mi disse: – Vai pure.Il sapiente Socrate ebbe a dire: «Questo solamente io so, di non sapere nulla.»
  • Per introdurre un esempio o un elenco, una citazione, una enumerazione.Esempi:
    “Detto fatto combinò coi due fratelli: uno prese un’accetta, uno un gancio, uno una corda, salutarono la mamma e andarono in cerca di un bosco” (I. Calvino).Dante così conclude la cantica dell’Inferno nella Divina Commedia: “e quindi uscimmo a riveder le stelle”.

    Nella credenza erano ben disposti vari oggetti di cucina: tegami, padelle, scodelle, posate, cucchiaini ecc.

  • Quando una parte del periodo serve da spiegazione, da chiarimento, alla parte antecedente.Esempi:
    “Proprio alla solitudine del collegio era nata nella sua mente un’idea: di diventare come il padre, medico” (B. Tecchi).“Era d’aprile e il mare si purgava: buttava le sue stelle e le conchiglie sulla spiaggia” (C. Alvaro).

    “Gli dissi che, per scrivere, occorreva qualcosa di più dell’esperienza: grammatica e sintassi, ad esempio, ed uno stile” (G. Berto).

  • Quando si vogliono mettere in rilievo le parole che seguono.Esempi:
    “Le tre figure che campeggiavano nei manifesti mi fecero subito arricciare il naso: un toro a capo basso quasi nell’atto di lanciarsi nella strada, un puledro esile e scalpitante e un buttero che guardava le sue bestie con un’espressione di sprezzante sicurezza” (R. Bilenchi).Guardai il viso del ferito: irriconoscibile!
  • Come elementi connettivi con la funzione di sostituire le congiunzioni (?):-  coordinanti: Ha mancato al suo dovere: sarà reso responsabile. (i due punti stanno per e perciò).Il ragazzo fece di testa sua: ebbe presto a pentirsene. (sennonché ebbe a pentirsene).

    “Era un mestiere umile, diceva, anzi umilissimo: però gli aveva sempre consentito non solo di sbarcare il lunario decorosamente, ma di resistere tutti quegli anni senza mai piegare la schiena” (G. Bassani).

    –  subordinanti: “Il cavallo di Corrado maniscalco scalpita di tanto in tanto: ha la mangiatoia sistemata nel retro della forgia” (V. Pratolini).

    “Una domenica mattina attraversò il villaggio senza incontrare nessuno: era appunto l’ora della Messa” (C. Cassola).

  • Di solito è sconsigliata la replica dei due punti tra frasi, ma quest’uso è frequente soprattutto nella prosa letteraria.Esempi: “Ma quando il nonno e la nonna tornarono i ragazzi si sentirono sollevati: c’era di nuovo la tovaglia sulla tavola a pranzo e i bicchieri e tutto quello che ci voleva: c’era di nuovo la nonna seduta nella poltrona a dondolo col suo corpo mansueto e col suo odore: la nonna non poteva scappar via, era troppo vecchia e troppo grassa, era bello avere qualcuno che stava in casa e non poteva mai scappar via” (N. Ginzburg).“Don Fabrizio si guardò nello specchio dell’armadio: riconobbe più il proprio vestito che se stesso: altissimo, allampanato, con le guance infossate, la barba lunga di tre giorni” (G. Tomasi di Lampedusa).

E’ un errore usare i due punti nei seguenti casi.

  • Tra predicato e soggetto o complemento oggetto.Esempi: non va scritto I giovani oggi praticano: il calcio, il nuoto, il basket e anche sport equestri, ma si dovrebbe scrivere I giovani oggi praticano il calcio, il nuoto, il basket e anche sport equestri, oppure I giovani praticano molti sport: il calcio, il nuoto, il basket e anche sport equestri.
  • Con verbi come dire, raccontare, chiedere, domandare… quando introducono un discorso indiretto.Esempi: non Gli ho detto: che mi portasse qui i suoi quaderni, ma Gli ho detto che mi portasse qui i suoi quaderni.

 

4. Il punto

Nella prosa recente, soprattutto giornalistica, ma anche letteraria, si può constatare una proliferazione dell’uso del punto, una volta chiamato “punto fermo“. Quasi sempre si tratta di un utilizzo che mira ad enfatizzare un concetto, in modo da rendere la scrittura più espressiva, più diretta ed incisiva. In alcuni casi, inoltre, il punto consente di semplificare le frasi molto articolate, magari inserendolo dopo una congiunzione avversativa come “ma”. In altre circostanze, però, il suo abuso sembra evidenziare una sorta di scappatoia, un modo per trarsi d’impaccio quando non si sa bene che segno di interpunzione adottare. Quando l’uso del punto non risulta pienamente giustificato, oltre a palesare una scarsa padronanza della lingua, si corre il rischio di rendere la prosa sincopata, di conferirle un ritmo ansiogeno, eccessivamente serrato. Di conseguenza, è bene orientarsi ad un utilizzo appropriato, tenendo ben presente la funzione del punto, che è quella di separare concetti logicamente ben distinti.

Ecco alcuni esempi di prosa. Uso eccessivo, nel caso in cui la finalità non sia di natura espressiva: “Mangiai tutte le frittelle. Ma non avevo fame. Perché avevo cenato poco prima. Forse ero soltanto nervoso.
La stessa frase risulta più scorrevole se scritta così: “Mangiai tutte le frittelle, ma non avevo fame perché avevo cenato poco prima; forse ero soltanto nervoso” (in questo caso si potrebbe fare ricorso, in alternativa, al punto “. Forse ero soltanto nervoso“). Poiché non si tratta di un periodo (?) molto lungo o articolato, la narrazione appare più scorrevole evitando il punto; inoltre, l’uso delle virgole e del punto e virgola segnalano al lettore che le frasi fanno parte di una singola unità logica.

Il punto (.) segna la pausa più lunga del discorso e si mette alla fine d’un periodo per significare che quanto è stato detto ha un senso compiuto. Esempio: “È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie novelle.” (L. Pirandello).

Il punto può essere posto nei seguenti casi.

  • Alla fine di una sola parola che costituisce periodo a sé: ad esempio, Vivere.
  • Alla fine di un lungo periodo comprendente varie proposizioni (?): ad esempio, “Sulla riva c’era soltanto padron ‘Ntoni, per quel carico di lupini che ci aveva in mare colla Provvidenza e suo figlio Bastianazzo per giunta, e il figlio della Locca, il quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini.” (da “I Malavoglia” di G. Verga).

Va comunque sottolineato che la frequenza o la rarità del punto fermo nella pagina di un autore (attenzione, in questo caso si parla di professionisti della scrittura) è un segno del suo stile e della sua personalità. Il periodare spezzettato con molti punti fermi indica un ritmo del pensiero veloce e sintetico. Il periodare disteso, con ampie e solide architetture sintattiche, indica una meditazione più lenta, uno spirito di osservazione più ricco e meticoloso, una elaborazione più ponderata.

Si consideri, ad esempio, il seguente periodo d’ampio respiro: “Piazza Santa Maria in Vado gli si era aperta a un tratto dinanzi come un mare di nebbia: con la scura facciata della chiesa da un lato, il buio varco aperto sui bastioni di fronte, al centro la fontanella assediata di donnette parlottanti, povere bottegucce e casupole tutto attorno da cui sortivano, insieme con deboli luci e odori di caldarroste e castagnacci – gli odori dell’infanzia! – suoni lievi e sparsi: un’ incudine battuta senza forza; un pianto sommesso di bambino; un “buona sera!”, e un “a domani”, scambiati in fondo a un invisibile portico, fra due uomini di età; un tintinnìo di bicchieri…”. (da “Gli ultimi anni di Clelia Trotti” di Giorgio Bassani).

Ecco invece esempi di periodi (?) brevi continuamente interrotti dal punto fermo: “La musica è la fusione delle altre arti. Essa costruisce, scolpisce e dipinge tutte le fantasie della nostra realtà quotidiana. Del resto tutte le arti tendono alla musicalità. L’architettura è armonia di linee. La scultura è armonia di forme. La pittura è armonia di colori. La musica è l’argentea scala, azzurra di violini e fiammeggiante di trombe, che poggiando sull’estremo lembo della terra ci offre l’ascesa alle stelle.” (N. Salvaneschi).

Si possono distinguere il punto di seguito e il punto a capo. Dopo il primo, si continua a scrivere sulla stessa riga, implicando il fatto che si continuerà a trattare lo stesso argomento; dopo il secondo, si va a capo, implicando che la trattazione passerà ad un argomento o ad un sottoargomento diverso. Se si volesse distinguere maggiormente il nuovo periodo, si dovrebbe andare a capo, lasciando un maggiore spazio prima della parola, nell’allineamente normale.

Il punto di norma non si usa:

  • nelle didascalie;
  • nelle iscrizioni;
  • nelle misure fisiche (m = metro, l = litro, kg = chilogrammo);
  • nei simboli chimici (H = idrògeno, Mn = manganése);
  • nelle targhe automobilistiche (TO = Torino, FI = Firenze).
  • nei titoli dei libri, dei giornali, ecc..

Il punto nelle abbreviazioni e nelle sigle

Nell’uso comune si ricorre spesso alle abbreviazioni ed alle sigle. Le abbreviazioni sono parole abbreviate (dott. = dottore); le sigle sono invece le iniziali di parole che formano il titolo di un ente, di un partito, di una associazione (CRI = Croce Rossa Italiana) o simili.

Esistono due tipi di abbreviazione: per troncamento e per sincope o contrazione. Il troncamento avviene mediante l’eliminazione della parte finale di una parola. Di solito termina con una consonante e non coincide con la divisione in sillabe, come accade con i titoli professionali ed onorifici (dott., prof., avv., ing., geom., rag., cav., comm.), ed in svariate espressioni convenzionali: op.cit. (opera citata); ecc. (eccetera).
Comunque, esistono casi che non seguono questa regola, in cui l’abbreviatura può consistere di una sola lettera: p. (pagina); v. (verso).

Dopo il punto di un’abbreviazione non si usa la maiuscola (sempre che l’abbreviazione non concluda il periodo).

Inoltre, non si mette il punto di chiusura se l’abbreviazione si trova alla fine del periodo: non va scritto “L’imperatore Caligola venne ucciso da una congiura nel 41 d. C..”, ma si deve scrivere “L’imperatore Caligola venne ucciso da una congiura nel 41 d. C.”.

Prima di ecc., l’uso della virgola è facoltativo: ad esempio, “I giovani praticano molti sport: il calcio, il nuoto, ecc.”, oppure “I giovani praticano molti sport: il calcio, il nuoto ecc.“. Entrambe le frasi sono corrette.

L’abbreviazione per contrazione avviene mediante l’eliminazione della parte centrale di una parola: ad esempio, jr (junior), sr (senior), dr (dal latino doctor, ‘dottore’), cfr (dal latino confer, “confronta”), ecc.
Nelle abbreviazioni per contrazione non bisogna mettere il punto. Il punto si mette soltanto quando indica la mancanza di lettere finali e non quelle centrali. A meno che l’abbreviazione non si trovi alla fine di un periodo (?) chiuso dal punto.

All’interno dell’abbreviatura il punto segnala una contrazione della parola, di cui si conservano le lettere iniziali e finali: ad esempio, ill.mo (illustrissimo); chiar.mo (chiarissimo); f.lli (fratelli).

Per ottenere il femminile di un nome mobile occorre aggiungere all’abbreviazione la parte finale della parola:

–   prof. (professore), prof.ssa (professoressa);
–   sig. (signore), sig.ra (signora), sig.na (signorina).

La forma plurale è consentita solo nelle abbreviazioni per troncamento e si ottiene sei seguenti modi.

–   Raddoppiando la consonante finale, se l’abbreviazione è formata da più lettere: ad esempio, pag./pagg. (pagina/-e); art./artt. (articolo/-i); cap./capp. (capitolo/-i); vol./voll. (volume/-i); prof./proff. (professore/-i).

–   Raddoppiando la sola lettera che costituisce l’abbreviatura: ad esempio, p./pp. (pagina/-e); v./vv. (verso-i).

–   Aggiungendo la parte finale della parola se l’abbreviazione termina con consonante doppia: ad esempio, avv./avv.ti/avv.sse (avvocato-i/avvocatesse); dott./dott.ri/dott.sse (dottore-i/dottoresse).

Il punto si pone anche tra le lettere di una sigla (O.N.U., O.E.C.E., C.G.I.L., N.A.T.O.), quando ciascuna lettera corrisponde all’iniziale di altrettante parole scritte per esteso; invece, quando tale stretta corrispondenza non esiste, le lettere si succedono senza interpunzione.

Esistono casi che non rispettano questa regola: alcune sigle, infatti, sono diventate così comuni da contenere anche lettere minuscole; ad esempio, C.d.A. (Corte d’Appello, Corte d’Assise), G.d.F. (Guardia di Finanza), S.p.A. (Società per Azioni), S.r.l. (Società a responsabilità limitata). Altre sigle hanno finito per assumere il carattere di parole vere e proprie: ad esempio, Agip (Azienda generale italiana petroli), Fiat (Fabbrica italiana automobili Torino), Rai (Radio audizioni italiane). Alcune sigle si possono scrivere anche senza il punto: ad esempio, ITIS (Istituto Tecnico Industriale Statale), IVA (Imposta sul Valore Aggiunto), UCI (Unione Ciclistica Internazionale).


 

5. Il punto interrogativo

Il punto interrogativo (?) – o punto di domanda – esprime interrogazione, domanda, e serve per avvertire il lettore che deve dare alla frase una particolare inclinazione interrogativa nella pronuncia. L’interrogazione, però, deve essere diretta; altrimenti, non si deve aggiungere il punto interrogativo: ad esempio, Che ore sono?; Dimmi che ore sono; Dimmi: Che ore sono?. Il primo esempio indica un’interrogazione diretta, il secondo un’interrogazione indiretta (?), il terzo un’interrogazione diretta, sia pure retta da un verbo asseverativo (?).

Se il punto interrogativo chiude un periodo o una frase di senso compiuto, la parola seguente si scrive con la maiuscola; se invece si succedono più interrogazioni, ogni punto interrogativo potrà essere seguito da lettera minuscola. Esempio: Dove sei stato? Ti ho cercato tutto il giorno; «Che cos’hai? hai freddo?» le chiese.

Nelle proposizioni incidentali, chiuse tra parentesi, si usa il punto interrogativo, mentre esso si omette dopo gli incisi racchiusi tra due virgole. Esempio: Il capo non sapeva (e chi avrebbe dovuto dirglielo?) che alcuni avevano tradito; Un giorno, chi può dirlo, forse potremo incontrarci ancora.

Il punto interrogativo, posto tra parentesi dopo una frase o una parola, indica ironia, icredulità, scetticismo. Esempio: Il nostro avvocato ci ha assicurato che ha fatto più di quanto era possibile (?); Il dottor (?) Tizio ha fatto una brutta diagnosi; Ci dicono che la nostra economia è «sulla via di una ripresa certa e prossima anche se forse non imminente» (?) e che non dobbiamo preoccuparci.

Inoltre, il punto interrogativo può anche indicare l’inattendibilità di un dato inserito in un testo: ad esempio, Gioachino da Fiore (Celico, 1145? – Canale, 1202? o 1205?) abbandona i Cistercensi e fonda l’ordine che sarà detto dei Florensi a San Giovanni in Fiore.

Talvolta una frase conclusa da punto interrogativo ha, in realtà, valore esclamativo: Dici sul serio? Per questa ragione alcuni preferiscono, in casi simili, affiancare un punto esclamativo ad uno interrogativo: ?! o !? (ma sei matto?!).

La proposizione apparentemente interrogativa, che talvolta viene chiamata proposizione retorica, intende non domandare ma asserire: ad esempio, È dunque scomparsa la poesia dal mondo? (La poesia non è scomparsa dal mondo); Camminano forse le montagne? (Le montagne non camminano); La patria è un nome vano? (La patria non è un nome vano).


 

6. Il punto esclamativo

Il punto esclamativo – o ammirativo – (!) indica stupore, meraviglia, dolore; in generale, uno stato d’animo eccitato. Si pone alla fine della frase o della parola-frase, in sostituzione del punto per chiudere il periodo (in tal caso, la parola seguente avrà la lettera maiuscola). Esempio: Che bello spettacolo! Sono proprio contento.

Il punto esclamativo si pone anche nel mezzo della frase creando una pausa qualitativa (in tal caso, la parola seguente può essere scritta con lettera minuscola). Esempio: Il lupo, oh angoscia!, si avvicinò a noi; Alla fine, quale orrore!, li vidi precipitare tutti.

La minuscola si può usare quando il periodo continua. Esempio: Ma guarda un po’! chi l’avrebbe creduto? chi l’avrebbe immaginato?

Il punto esclamativo si usa nei seguenti casi.

  • Per esprimere emozioni, sentimenti di sorpresa, meraviglia, ecc.: È stata proprio una bella sorpresa!; Oh, figlia mia, come ti trovo bene!
  • Per indicare desiderio, nostalgia, gioia, dolore: Magari potessi venirci anch’io!; Quale gioia poter rivedere quel mio vecchio compagno di scuola!; Ah, se Ferdinando non fosse morto!
  • Per esprimere un comando o un rimprovo: Sbrigati che è tardi!; Ah, finalmente sei arrivato!
  • per indicare biasimo, riprovazione: Guarda ciò che hai fatto!; Vergognati per la tua ingratitudine!
  • dopo un’interiezione: Aùff, sei proprio insopportabile!

L’ interiezione (?), o esclamazione, quando è in posizione assoluta, vuole sempre il punto esclamativo. Quando, invece, è seguita da un’intera proposizione (?) esclamativa, a volte si pone il punto due volte (Oh! che pena mi hai fatto!), a volte si pone una sola volta (Oh, che pena mi hai fatto!).

In alcuni casi, nelle esclamazioni il verbo è sottinteso: Che silenzio!; Quale orrore!; Quanto tempo perduto!; Che fatica!

E’ sconsigliabile usare due o più punti esclamativi di seguito: non si dovrebbe scrivere Che bella sorpresa!!!, ma, piuttosto, Che bella sorpresa!

Il punto esclamativo possiamo trovarlo anche tra parentesi tonde ( ! ) o quadre [ ! ] dopo una frase o una parola, per esprimere un commento ironico o richiamare l’attenzione su un errore o un particolare elemento della frase.
Esempi: Ha assicurato che manterrà tutte (!) le promesse; Il cartellino di una famosa marmellata riportava la scritta: ‘Confettura extra di ciliegge ( ! ) greche’.


 

7. I puntini di sospensione

I puntini o punti di sospensione, detti anche di reticenza, sono costituiti da tre puntini (; talvolta, anche in numero superiore a tre, come si può leggere nei testi di alcuni scrittori) e servono ad esprimere:

  • un’interruzione reale del discorso: “Se posso… Se non le dispiace…” (L. Pirandello);
  • un’esitazione, come in: Ma… se fosse possibile altrimenti…;
  • una sospensione dovuta:
    – a dubbio o incertezza: Non so… ma dubito che tu possa riuscire…; Ecco… dunque… be’, appoggialo sul tavolo;
    – a confusione o agitazione: Non saprei risponderti… con tutto quello che ho nella…; Non dire più altro, se no…
    – a ironia, gioia: E questo, secondo te, sarebbe un… capolavoro; Che gioia rivederti dopo…
  • una metafora ardita: Direi quasi che cantava… in punta di piedi; Ugo disse che studiava con… Letizia.
  • una reticenza: Non vorrei che… ; Non dico questo, ma…; Ti sei comportato malissimo, da vero… Ma non voglio usare parole grosse che… Lascio a te di giudicarti.
  • una pausa, dopo una frase interrogativa o esclamativa: Cosa pretendete con codesta vostra parola? Di farmi…?; Cosa ho fatto io?… Nessuno più mi crede!…I puntini vanno posti prima o dopo il punto esclamativo o il punto interogativo, secondo che s’intenda omessa qualche parola necessaria per compiere il senso, oppure quando si voglia indicare una pausa dopo l’interrogazione o l’esclamazione.
  • una citazione in luogo di quanto precede o quanto segue: “…mi ritrovai per una selva oscura…” (Dante).Nelle citazioni, i puntini si usano quando occorra indicare eventuali lacune; in questo caso, sono chiusi tra parentesi quadre: “Mentr’egli guardava la donna che stava ripetendo quel suo gesto caratteristico di sollevare le grosse braccia verso la fune della biancheria […] gli venne fatto di pensare, per la prima volta, che era bella.” (“1984”, George Orwell).

Inoltre, i puntini si pongono alla fine di una serie, per indicare che la stessa serie continua: Vedemmo cavalli, asini, buoi…; Primo, secondo, terzo…; 1, 2, 3, 4, 5, 6…
Talvolta essi indicano che una parola o un numero o parte di una parola sono stati omessi o debbono essere scritti per completare la frase o la parola o la dicitura: Abitante in via… n. …; Il signore A… B… ci scrive da Torino; Della firma si legge solo Ros…; Questa è una casa… (mettere l’aggettivo).

Dopo i puntini si usa la lettera maiuscola solo se essi indicano la fine di un periodo (?); altrimenti, si può proseguire con la minuscola.


 

8. Le virgolette

Le virgolette basse (« ») o alte (” “) servono nei seguenti casi.

  • A contrassegnare un discorso diretto (o presunto tale, come i dialoghi letterari) che, solitamente, si apre con la maiuscola: Mi rispose: «Non dubiti della mia lealtà.»
  • A mettere in rilievo una parola, un elemento della frase o un modo di dire particolare (straniero o dialettale): Quel “dunque” fu proferito con grande energia; La cosiddetta letteratura “impegnata” toccò il suo culmine intorno agli anni 50; È un critico d’arte sempre “à la page”; “Nzomma: che v’aggio da fa?“.Se la parola che deve essere posta tra virgolette è preceduta dall’apostrofo, è preferibile sostituire le virgolette alte con quelle basse, per evitare di creare confusione, come nel seguente esempio: non si dovrebbe scrivere Carlo era l'”enfant prodige” della squadra, ma va preferita la forma Carlo era l’«enfant prodige» della squadra.
  • A introdurre una citazione: Scrive il De Saussure: “la materia della linguistica è costituita anzitutto dalla totalità delle manifestazioni del linguaggio umano”; “In che posso ubbidirla?” disse don Rodrigo, piantandosi in piedi in mezzo alla sala (Manzoni).
  • A riportare nel discorso frasi o parole di diversi interlocutori: “Tu mi hai chiamato?” “Sì, devo parlarti”.
  • Per segnalare l’uso particolare (allusivo, traslato, ironico, insolito) di una parola o di un brano: Il trafugatore della « Gioconda » si dichiarava « pittore »; Non ce l’avrebbe mai fatta a ottenere quel posto senza una “spintarella”.

Nel dialogo, le virgolette sono talvolta sostituite dalla lineetta (– Andiamo! – esclamò); spesso, anche in presenza di virgolette, si ricorre alla lineetta se nel dialogo si inseriscono i commenti dell’autore («Forse – pensò – dovrei ritirarmi»).

Talvolta il corsivo sostituisce le virgolette, soprattutto nelle citazioni brevi, nei proverbi, nelle frasi fatte e nei titoli (La coscienza di Zeno o, più raramente, «La coscienza di Zeno»). Quest’ultimo uso andrebbe comunque evitato, mentre è largamente accettato l’impiego delle virgolette per indicare il titolo di pubblicazioni periodiche («L’Espresso»).

Negli elenchi, ripetizioni, ecc. le virgolette basse (») sostituiscono la parola idem e sono poste sotto alla parola che non si vuol trascrivere.

Esempio:

Eugenio abita a Roma
Laura » » »
Giulio abitava a »

In un testo è sbagliato mettere un segno di punteggiatura prima delle virgolette di chiusura.

Esempi: è errato scrivere C’era il “divieto di sosta:” non l’ho visto, mentre è corretta la forma C’era il “divieto di sosta”: non l’ho visto;
è errato scrivere Qual è il significato di “dogma?”; mentre è corretta la forma Qual è il significato di “dogma”?

Nel discorso diretto, invece, i segni d’interpunzione dovrebbero sempre precedere e non seguire le virgolette o lineette, come si rileva dalla prosa manzoniana: ad esempio, «Sì,» disse Lucia: « ma come…? » (Manzoni).

In alcuni casi, le virgolette alte si usano anche semplificate (‘ ‘), specialmente nei casi di parola virgolettata all’interno di un testo già virgolettato (e disse: “io cerco il ‘cuore’ della questione”), oppure per segnalare l’accezione particolare di una parola (il ballerino ‘ parlava ‘ con le gambe mentre danzava).

Le virgolette semplici racchiudono in genere il significato di una parola o la sua traduzione, mentre in corsivo – o, raramente, tra virgolette – si scrive di solito la parola da sottolineare, da definire o da tradurre: « onichìa » vuol dire ‘malattia delle unghie’.


 

9. La lineetta

La lineetta (–) sostituisce spesso le virgolette, specialmente nei dialoghi, dove segna il distacco fra le varie battute.

Esempio:
– Mi accompagni a casa?
– Sì, ma affrettati.
– Vengo subito.

Si usa pure:

  • per inserire un inciso o un commento nel periodo (?):
    Ho agito – come vedi – in buona fede; Giacché i panni sporchi – carità di patria insegni! – c’è sempre modo di lavarli senza scandalo (G. Bassani).
  • per separare i vari termini di una enumerazione:
    Eccovi alcuni precetti intorno allo stile: il buono scrittore non deve né fuggire né ricercare gli ornamenti.– Più del bello scrivere è necessario il bene scrivere.– Chi bada allo stile più che alle idee, bada al fodero più che alla spada.

 

10. Il trattino

Il trattino o tratto d’unione (), che è più breve della lineetta, serve nei seguenti casi.

  • A congiungere le parti di alcune parole composte: tecnico-pratico; psico-fisiologico; il confine italo-austriaco, la letteratura greco-latina.A volte, però, i due termini vengono uniti direttamente, in modo da formare un vero e proprio nome composto: psicopedagogista, anglosassone, superuomo.
  • A sostituire una preposizione o una congiunzione: la finale Italia-Germania (tra l’Italia e la Germania); dizionario italiano-francese (dall’italiano al francese).
  • Per tenere distinti i due o più elementi che costituiscono una parola composta: non-senso, anglo-tedesco, extra-fine, fenil-y-benzopirone.
  • Per unire due o più nomi o numeri o segni: il rapido Milano-Roma-Napoli; l’incontro Pertini-Mitterrand; un volume in-8°; le categorie C1-C2.
  • Per unire due o più gruppi di parole o nomi, numeri o segni (e in questo caso si lascia uno spazio prima e dopo il trattino):la regione Trentino – Alto Adige; n. Nizza 1807 – m. Caprera 1882 (dando le date di nascita e di morte di Garibaldi); la ferrovia Lecce – Gagliano – Leuca.
  • Per evidenziare la divisione in sillabe di una parola: com-mo-ven-te; na-po-le-ta-no.
  • Alla fine della riga, per segnalare che la parola è spezzata e continua nella riga seguente. La divisione della parola alla fine di un rigo si può anche indicare con un doppio trattino (=).
  • Per delimitare una parte di parola scritta separatamente:
    il prefisso ri-, il suffisso -istico, in latino occasio -onis, pre- e postbellico.

E’ un errore usare il trattino tra due parole che formano un vero e proprio composto:

non si deve scrivere “cassa-forte, gatta-morta, pesce-spada”, ma si deve scrivere “cassaforte, gattamorta, pescespada”.

E’ sbagliato usare il trattino dopo ex o extra all’interno di locuzioni latine entrate nell’uso comune e di alcuni composti:

non si scrive “ex-abrupto, ex-aequo, ex-cathedra, ex-lege, ex-novo, ex-voto, extra-moenia”, ma si scrive “ex abrupto, ex aequo, ex cathedra, ex lege, ex novo, ex voto, extra moenia”;

non si scrive “ex-ministro, ex-giocatore”, ma si scrive “ex ministro, ex giocatore”.


 

11. L’asterisco

L’asterisco (*), quasi sempre ripetuto tre volte (***), può servire sei seguenti casi.
  • Un richiamo per le annotazioni in margine o alla fine della pagina. In questo caso l’asterisco può essere inserito tra parentesi tonde:
    (*)posteri. *posteri è un nome difettivo.
  • Un nome proprio di luogo o di persona che non si sa o che si vuole tacere:
    La sosta era prevista a ***; “Era figliuolo d’un mercante di *** (questi asterischi vengon tutti dalla circospezione del mio anonimo)” (Manzoni).Oggi, però, si preferisce l’uso dei puntini o della X: Abitava a…, dove aveva una villa in campagna; Abitava a X, dove aveva una villa in campagna.
  • Frasi non corrette grammaticalmente o per significato:
    Rivedrai le *foresta (correggi: foreste) imbalsamate; L’uso e l’esperienza *signoreggia (correggi: signoreggiano) le arti.
  • Nei cataloghi e negli elenchi, gli asterischi indicano funzioni speciali, esplicitamente dichiarate nelle note: I libri con * indicano le novità, o le edizioni rare o le pubblicazioni esaurite.

 

12. Le parentesi tonde

Le parentesi tonde ( ) si usano nei seguenti casi.
  • Per racchiudere parole o proposizioni (?) che non hanno una relazione necessaria con il resto del discorso. La parentesi è duplice: una di apertura e una di chiusura.
    Esempio: “Sentendo da Agnese (Lucia stava zitta con la testa e gli occhi bassi), ch’era scappato dal suo paese, ne provò e ne mostrò meraviglia e dispiacere” (A. Manzoni).I segni d’interpunzione del periodo (?) vanno messi sempre dopo la parentesi di chiusura, ad eccezione del punto, del punto interrogativo e di quello esclamativo quando le parole interne alle parentesi formano un periodo a sé:
    Carlo non sapeva (e chi avrebbe potuto dirglielo?) come erano andate le cose.
  • Per indicare il nome dell’autore di un brano o di una frase:
    Più che il dolor potè il digiuno (Dante).
  • Per aggiungere un chiarimento o una precisazione:
    “Quando il dottore mi lasciò, mio padre (mia madre era morta da molti anni) con tanto di sigaro in bocca restò ancora per qualche tempo a farmi compagnia” (I. Svevo).
  • Per indicare una nota o un’elencazione. In questo caso si può usare soltanto la seconda parentesi:
    Vedi note 1) e 3); a) cappello; b)camicia; c) cravatta.

 

13. Le parentesi quadre

Le parentesi quadre [ ] si usano nei seguenti casi.
  • Per racchiudere una parola, una frase o un periodo (?) che non fanno parte del testo, ma sono inseriti per maggiore chiarezza.
    Egli [Catone] affermava che bisognava distruggere Cartagine; Quel grande [Petrarca] alla cui fama è angusto il mondo, per cui Laura ebbe in terra onor celesti (V. Alfieri).
  • Per indicare, anche graficamente, la corretta pronuncia, la derivazione o l’etimologia di una parola:
    Esempi: mollécca [dal veneto moleca, nome del granchio comune]; nichelino [derivato di nichel, nome con cui era comunemente chiamata la moneta di nichel del Regno d’Italia, del valore di 20 centesimi (detta anche, perciò, ventino), e per estensione moneta spicciola, di poco valore].
  • Per indicare, nelle edizioni di scritti antichi, le parole o le frasi mancanti nel testo ed integrate dalla critica per precisare, chiarire, commentare, ecc.:Esempi: Amici di tutte le ore. [Tiberio così chiamava Pomponio Flacco e Lucio Pisone, suoi compagni nelle orgie]; Qui è Rodi, qui salta. [Si usa per mettere i millantatori alla prova. Questo motto è in una favola di Fedro, in cui uno spaccone dice che a Rodi ha fatto un salto alto come un monte].
  • Per racchiudere nel testo una precisazione o una spiegazione fatta dall’autore o dall’editore:
    Esempio: Il re [Carlo I d’Inghilterra] viene decapitato [30-1-1649] al termine di un breve processo condotto dall’alta corte di giustizia insediata dal Parlamento.
  • Per racchiudere i puntini di sospensione, quando indicano la mancanza di una parte del testo citato:
    Camminai a lungo […], finalmente arrivai a casa.
  • Per racchiudere l’avverbio latino sic, quando si vuole rendere evidente un errore in una citazione testuale. In questi casi, si possono trovare anche le parentesi tonde e si può aggiungere un punto esclamativo dopo sic:
    A pagina tale è scritto: «lo stato della situazione [sic!] era grave».

 

14. La sbarretta

La sbarretta o barretta ( / ) è usata nei seguenti casi.
  • Per separare in una poesia un verso dall’altro, quando non si va a capo alla fine di ciascun verso:
    “Ei fu. Siccome immobile / dato il mortal sospiro / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro / …” (Manzoni).
  • Per sostituire la vocale finale di una parola:
    Quel bambino/a è veramente bello/a.
  • Per separare due o più termini di un’alternanza (per esempio: le varianti -uò-/-ò- come in figliuòlo/ figliòlo, picciuòlo/ picciòlo, ecc.; la rima sozzo/mozzo).
  • Per indicare un’abbreviazione (per esempio: alla V / preg., alla Vostra pregiata; alt. s/m, altezza sul mare).
  • Per indicare il valore oppositivo negli aspetti del contrasto (« il criterio di verifica vero / falso») o dell’alternativa tra soluzioni ugualmente ammissibili (indo-europeo / indoeuropeo).
  • Per aggiungere la separazione tra le congiunzioni e/o; esempio: Serve infermiere diplomato e/o con buona esperienza sia negli ospedali che nelle cliniche private.
  • Per la grafia abbreviata c/o della locuzione inglese care of, cioè «(a) cura di», che si pone sulle buste delle lettere, su cartoline, su plichi postali a completamento dell’indirizzo, con lo stesso valore dell’italiano presso:
    Si prega di consegnare la raccomandata c/o l’ufficio di segreteria del Comune.

La sbarretta viene usata spesso anche per separare i numeri di una data: (15/09/2011).