Godere come un riccio 22 Gennaio 2025 – Posted in: Modi di dire – Tags: , , , , , , , , , , ,

Godere come un riccio: storia di un detto piccante

La lingua italiana, quella meravigliosa creatura che Dante definì “volgare illustre”, è un giardino rigoglioso di espressioni colorite.

E se il Boccaccio nel suo Decameron non lesinava riferimenti piccanti, anche il nostro vernacolo popolare ha saputo regalarci perle di maliziosa saggezza come il celebre “godere come un riccio”.

Se pensate che questa frase abbia a che fare con la gioia di un piccolo animale che trova una succosa mela nel sottobosco, preparatevi a una sorpresa che vi farà arrossire.

Questa espressione, infatti, affonda le sue radici in uno degli aspetti più intimi del regno animale: il corteggiamento e l’accoppiamento dei ricci.

Non è un caso che nella letteratura popolare europea, dal Medioevo in poi, il riccio sia spesso apparso come simbolo di fertilità e passione nascosta.

Persino nelle favole dei fratelli Grimm, il riccio compare come personaggio scaltro e pieno di risorse, caratteristiche che nel folklore si associavano spesso alla sfera amorosa.

Durante il periodo dell’accoppiamento, che generalmente avviene tra aprile e agosto, il maschio corteggia la femmina con una danza elaborata che ricorderebbe, secondo alcuni etologi con senso dell’umorismo, il corteggiamento medievale dei trovatori provenzali: insistente, melodioso e incredibilmente lungo.

Il parallelo con l’amor cortese non è poi così azzardato, considerando che entrambi i rituali possono protrarsi per ore!

La cultura popolare italiana, sempre attenta a cogliere le similitudini tra mondo animale e comportamento umano (pensate al “fare il pavone” o “essere un leone”), ha trovato nel riccio un emblema perfetto del piacere più intenso.

Non è sfuggito nemmeno a poeti e scrittori: D’Annunzio, nelle sue lettere private, usava occasionalmente riferimenti al “piccolo erinaceino” come metafora di passione sfrenata, mentre nella tradizione popolare toscana il riccio è protagonista di numerosi stornelli maliziosi.

Ma perché proprio il riccio è diventato simbolo del godimento più intenso? La risposta sta nella durata e nell’intensità di questo rituale amoroso.

L’accoppiamento dei ricci può infatti durare diverse ore – un vero record nel regno dei mammiferi di piccola taglia.

Persino Leonardo da Vinci, nei suoi accuratissimi studi naturalistici, aveva annotato con curiosità il particolare comportamento di questi animali durante la stagione degli amori.

È affascinante come la natura, ancora una volta, ci abbia fornito l’ispirazione per descrivere uno degli stati d’animo più piacevoli dell’esperienza umana.

Come diceva Leopardi nello “Zibaldone”, il linguaggio popolare è spesso più poetico di quello colto, proprio perché attinge direttamente dall’osservazione della natura e dalla vita quotidiana.

Il caso del nostro riccio ne è perfetta testimonianza.

La prossima volta che sentirete qualcuno utilizzare questa espressione, avrete in mente non solo un curioso fatto naturalistico, ma un pezzo della nostra storia culturale, dove natura e linguaggio si intrecciano in un abbraccio tanto intimo quanto… rumoroso.

Come direbbe Trilussa, grande osservatore della natura e dell’umanità:

“Ogni bestia c’insegna quarche cosa, basta sapella interpretà com’è”.

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