“Ti Facisti quantu Teresina” – Quando un detto siciliano diventa leggenda 24 Marzo 2025 – Posted in: Modi di dire – Tags: , , , , , , , , , , ,

“Ti Facisti quantu Teresina”

In Sicilia, le parole non sono mai solo parole. Hanno il sapore della terra, il suono dei tamburi nelle processioni, e l’eco delle voci sussurrate nelle sere d’estate, seduti fuori dalla porta, sulle sedie di legno.

C’è un detto che in apparenza sembra solo una battuta ironica, una presa in giro bonaria:

“Ti facisti quantu Teresina.”

Lo si dice quando qualcuno ingrassa all’improvviso, tutto d’un colpo, come se il corpo avesse deciso di trasformarsi da solo, senza chiedere il permesso.

Ma dietro questa frase, c’è una storia. Una di quelle storie che si tramandano sottovoce, come certi segreti che fanno paura ma che vanno raccontati, perché portano con sé un insegnamento, una memoria, una verità nascosta.

Il cuntu di Teresina e Filomena

Il racconto affonda le sue radici a Niscemi, un paese siciliano dove, prima della guerra, si narrava la storia di due sorelle: Teresina e Filomena.

Teresina era bellissima. Una di quelle bellezze che fanno voltare tutti, con la grazia di una madonna scolpita nel marmo. Filomena, invece, aveva un aspetto più semplice, più comune. Ma era buona, operosa, onesta.

Un giorno, un giovane commerciante passò da quelle parti. Ricco, elegante, affascinato da Teresina. Chiese subito di poterla sposare.

Ma la madre, vedova e saggia, gli propose invece la figlia più umile: Filomena. L’uomo accettò, forse per convenienza, forse con l’idea di accontentarsi… per ora.

Il matrimonio fu celebrato, ma l’amore, si capiva, era rivolto altrove.

Appena giunti a Sciacca, dove l’uomo viveva, Filomena fu portata al mare. E lì, venne affogata.

Senza pietà. Senza rimorso.

Il ritorno e l’inganno

Sei mesi dopo, l’uomo tornò a Niscemi. Con un sorriso falso e una bugia sulle labbra: “Filomena sta bene. Sta tessendo una tela bellissima. Ma vuole l’aiuto di Teresina.”

La madre, ingenua o forse solo disperata, convinse la figlia a partire.

Durante il viaggio, il giovane le svelò tutto: il matrimonio, l’omicidio, il desiderio che da sempre provava per lei.

Teresina, però, non si piegò. Lo guardò negli occhi e gli disse:

“Ho fatto ’na promissa a mia sorella. E tu, a mia, mi fai schifo.”

Minacciata, chiusa in una stanza, le fu concessa una notte per decidere: piegarsi o morire.

Quella notte, Teresina pregò. E si racconta che un acidduzzu, un uccellino, si posò sulla finestra.

Lei gli parlò: “Va da me’ matri. Dille la verità. Dille quello che mi vuole fare.”

Il miracolo e la vendetta del silenzio

La mattina seguente, Teresina si presentò all’uomo. Pronta. Non a cedere, ma a morire con dignità.

Quando lui la vide, sbiancò.

Non per le sue parole, ma per ciò che era diventata: un corpo trasformato, enorme, come se il dolore avesse preso forma e carne.

Fuggì via, gridando “Maleficio!”, come se avesse visto un fantasma. E andò a infilzarsi su una roccia aguzza.

Teresina, intanto, si guardò allo specchio. E capì.

Il suo corpo aveva cambiato forma, sì. Ma non per colpa del cibo.

Era il dolore.

Era la paura.

Era la dignità di chi non ha tradito.

Un detto che pesa come la memoria

Da allora, in Sicilia, si dice:

“Ti facisti quantu Teresina.”

Ma non tutti sanno da dove viene.

Chi conosce il cuntu, sa che non parla solo di chili presi, ma di ciò che ci portiamo dentro.

Delle notti insonni. Delle preghiere sussurrate. Delle scelte che ci salvano l’anima, anche quando feriscono il corpo.

Teresina ingrassò. Sì.

Ma fu l’unica a uscire viva da quella storia. Viva e vera.

E ogni volta che qualcuno pronuncia quel detto, da qualche parte, il suo sguardo fiero torna a brillare.

 

© copyright 2025 – tutti i diritti sono riservati.