I COMBATTENTI PIU’ TEMUTI 3 Febbraio 2021 – Posted in: Momenti
Direi i giapponesi.
Non tanto per la qualità ‘operativa’ delle unità combattenti: da quel punto di vista i giapponesi erano più simili ad un esercito della I guerra mondiale => fanteria armata esclusivamente di fucili, nessuna pistola-mitragliatrice, pochissimi fucili mitragliatori, armi di accompagnamento, radio etc. oltre ad una quasi inesistente motorizzazione. E infatti, il confronto delle perdite tra americani e giapponesi, spesso era tipo 100 a 1.
Il problema era soprattutto culturale: i giapponesi avevano un sistema valoriale, dei principi sull’onore militare, una visione di sè rispetto agli altri, tali da farli apparire come marziani. Affrontare in combattimenti di fanteria una unità giapponese voleva dire abbandonare TUTTI i punti di riferimento della cultura militare conosciuta: i giapponesi
- ritenevano del tutto legittimo un attacco proditorio non preceduto da dichiarazione di guerra
- potevano lanciarsi in una carica banzai – frontale, davanti alle mitragliatrici – senza alcuna speranza di successo, e reiterarla fino alla morte dell’ultimo soldato
- un vantaggio tattico era a volte ottenuto con un dispendio di (proprie) vite umane a dir poco incomprensibile. Durante l’assedio di Port Arthur, nel 1904, i giapponesi attaccarono a ondate, con il solo scopo di riempire CON I PROPRI CORPI i fossati nemici, e permettere alle ondate successive di avanzare.
- ritenevano del tutto legittimo fingere di arrendersi e poi farsi saltare in aria con il soldato nemico più vicino
- molte loro tattiche di combattimento prevedevano la morte del combattente (dai kamikaze, ai kaiten, alle ‘lunghe mine’, con il soldato che esplodeva insieme al carrarmato)
- il personale medico nemico era oggetto di speciale attenzione come bersaglio
- consideravano i soldati nemici che si arrendevano la cosa più disdicevole e ripugnante al mondo, e quindi potevano permettersi di fargli qualunque cosa (letteralmente)
- accettavano l’idea del suicidio come norma regolatrice del dilemma della sconfitta
- ritenevano chiunque non giapponese come dei subumani, (al confronto, i nazisti erano dei dilettanti); e di conseguenza
- chiunque di loro – dall’ultimo soldato fino ai generali – poteva permettersi delle atrocità nei confronti di chiunque non fosse giapponese, che fanno vacillare la mente, perfino in una arena come la II G.M… Si veda a proposito Il massacro di Nanchino, e la Unità 731. Massacro di Nanchino – Wikipedia Unità 731 – Wikipedia
- pertanto, avere a che fare con i giapponesi, voleva dire doversi spogliare di tutto quello che si riteneva normale in tema di Arte della guerra, tattica, comportamento ‘sociale’, attitudine verso i vinti etc. Ed entrare in un mondo surreale, combattendo contro ‘esseri’ che sembravano provenire letteralmente da un altro mondo.
- peraltro, , per gli stessi motivi sopra esposti, la ‘letalità’ delle unità giapponesi era minimale, se paragonata ai tedeschi – e anche a tutti gli altri- . Il principio di base è che un soldato serve bene la Patria, NON morendo per essa, ma facendo sì che questo succeda al suo nemico.
(Fonte Web F. D’Alessandro)