STORIA DI “CHIAPPE” 2 Ottobre 2022 – Posted in: Momenti – Tags: #storiadichiappe #chiappe #losapeviche #curiosity #curiosità #momenti #spigolatrice
Lezioni di Storia / La spigolatrice di Sapri, i bronzi di Riace e le chiappe di Napoleone
La statua ritrae in effetti una giovane donna, ma il modo ha fatto storcere il naso a tantissimi. Più che una giovane contadina, la ragazza sembra una pinup discinta, coperta da una veste trasparente che mette in risalto le forme e in particolare un lato B esageratamente sottolineato. Le accuse di sessismo sono fioccate da più parti, perché molti obbiettano che la statua non c’entra nulla con il personaggio che dovrebbe raffigurare e soprattutto perché è veramente fastidioso che in Italia nel 2021 persino la statua di una patriota debba essere raffigurata come se si trattasse della velina di un programma TV.
Altri hanno difeso la statua dicendo che dai tempi degli antichi greci le statue di nudo sono presenti ovunque, anche in luoghi pubblici, e non si vede perché dunque il sedere, per altro velato, della Spigolatrice dovrebbe suscitare tanto scandalo. Insomma se i bronzi di Riace o l’Afrodite Cnidia possono mostrare il culo nudo, perché la Spigolatrice dovrebbe essere considerata sessista, o di cattivo gusto? Queste polemiche sono forse dettate da moralismo d’accatto?
Credo che nessuno mai, si sia scandalizzato per Venere Callipigia…#spigolatricedisapripic.twitter.com/Y6ZIjCj896
— David Purley (@DarthAlma67) September 28, 2021
C’è nudo e nudo
Le statue greche, in effetti, sono spesso e volentieri nudissime, e sono state nonostante ciò un modello e un paradigma per tutti gli artisti occidentali.
Va però chiarito il perché erano nude, o si rischia di ingenerare un clamoroso fraintendimento nella lettura delle opere.
L’arte greca, fin dal periodo arcaico, ha sempre raffigurato figure maschili nude. Si trattava però di dei, eroi, o di kuroi, ovvero statue di giovani che forse avevano in origine una funzione funeraria, cioè commemoravano dei defunti ritratti all’apice della loro forma fisica, ovvero quando erano giovani e belli, direbbe Guccini, come tutti gli eroi.
Il nudo dell’arte greca, dunque, è un nudo eroico. Gli uomini vengono raffigurati senza vestiti perché dei, eroi e defunti rappresentano un ideale di perfezione che è al di là e al di sopra dell’umano. I loro corpi sono bellissimi e senza difetti perché non hanno più nulla di materiale, sono un ideale assoluto e distaccato dal mondo. Come tale non possono e non devono essere coperti da vestiti, perché sarebbe come coprire con un panno un’opera d’arte.
Questo però valeva, per l’arte classica, solo per gli dei e gli eroi, cioè per personaggi che non avevano a che fare con la storia. Gli uomini realmente esistiti, infatti, venivano rappresentati con la corazza, con una tunica, insomma con le vesti che li connotavano come personaggi reali.
Il nudo quindi non era fine a se stesso o usabile per qualsiasi soggetto: era un codice che identificava un personaggio come appartenente alla sfera dell’ideale. Per questo, tra l’altro, i nudi eroici greci, anche se bellissimi, sono raramente considerati “erotici” o provocanti. Rappresentano infatti una bellezza algida, distaccata, priva di connotazioni sensuali. I bronzi di Riace, in una parola, sono meravigliosi, ma non ammiccano e non provocano: sono belli in sé.
Dee e donne nude, da Alessandro ai Romani
Nell’arte greca i nudi eroici maschili sono presenti fin dall’età arcaica (VIII-VII secolo a.C.), ma dobbiamo aspettare diversi secoli perché appaiano i primi nudi femminili. Fino al V secolo infatti le donne sono sempre rappresentate vestite, che si tratti di mortali o di dee.
Bisogna arrivare all’età di Alessandro Magno perché le cose cambino, per merito di due artisti, Apelle e Prassitele, e di una signora, la bellissima etera Frine, amante di entrambi (e di chiunque altro contasse in Grecia e ad Atene). Il mondo e i costumi erano cambiati e Apelle, che era pittore, e Prassitele, che era scultore, decisero di ritrarre la dea Afrodite per la prima volta nuda, usando come modella la splendida Frine. Entrambe le opere ebbero fama enorme e fecero molto scandalo.
Apelle dipinse la famosa Afrodite anadyomene (ovvero che nasce dalle acque), ritraendo la dea mentre sorge dalla spuma del mare che le aveva dato i natali. L’affresco era stato realizzato originariamente per Alessandro Magno (e infatti alcuni sostengono che la modella sarebbe stata Campaspe, amante del re Macedone), ma fu fatto staccare dalla sua collocazione originale e portato a Roma da un ben noto amante dell’arte (e pure delle belle donne), Giulio Cesare, che lo collocò nel tempio di Venere genitrice, ovvero capostipite della gens Giulia. Spostato dal suo putibondo successore Augusto nel meno frequentato tempio del divo Giulio, sappiamo che fu irrimediabilmente danneggiato nell’età di Nerone e non se ne seppe più nulla.
Prassitele invece scolpì l’Afrodite di Cnido. La dea, raffigurata completamente nuda, era ritratta mentre si copre pudicamente i genitali e appoggia su una brocca un telo. La statua fu sulle prima giudicata scandalosa, poi divenne un modello copiato infinte volte in tutto il mondo antico e replicato persino sulle monete ufficiali dell’isola di Cnido.
Per quanto si trattasse di due rappresentazioni molto sensuali, va detto che comunque si trattava anche qui di una raffigurazione di una dea, che poteva essere quindi ritratta nuda e in tutto il suo splendore proprio perché, per altro, era la dea dell’amore e del sesso. Coprirla sarebbe stato più che un delitto: si sarebbe trattato di un vero e proprio sacrilegio.
Le donne reali o i personaggi storici invece continuarono ad essere rappresentate sempre coperte, e mai e poi mai ammiccanti. Il nudo ancora una volta tracciava il discrimine fra esseri umani e divinità: solo le dee potevano apparire discinte.
Le chiappe di Napoleone e il seno nudo di Paolina
Anche nel Rinascimento le linee guida dell’arte classica sul nudo eroico furono in linea di massima rispettate. Nonostante il Rinascimento sia pieno di statue e di dipinti di nudo, di solito i soggetti raffigurati così sono divinità pagane o eroi greci, romani o biblici: la Venere di Botticelli, il David di Michelangelo, l’enigmatica protagonista de La tempesta di Giorgione, le mille ninfe e dee che decorano palazzi e piazze. I personaggi reali o storici, sia maschi che femmine, non vengono ritratti nudi a meno che, come nel caso della “dama al bagno” che ritrarrebbe Diana di Poitiers, non siamo in presenza di una amante reale (e il quadro, quindi – sempre che si tratti di lei – aveva una collocazione strettamente privata).
Bisogna aspettare l’età neoclassica e i primi dell’Ottocento perché due personaggi storici ben identificati finiscano per essere ritratti come mamma li ha fatti. Si tratta di Napoleone Bonaparte e sua sorella, la principessa Paolina Bonaparte Borghese. A ritrarli il loro scultore di corte, Antonio Canova, che però, anche qui, pure se tutti al mondo erano ben consapevoli chi fossero i due modelli, li può raffigurare nudi perché in realtà finge di stare scolpendo due divinità: Marte e Venere. Anche nell’Ottocento quindi la regola resta in vigore. Il nudo eroico è concesso solo agli dei.
Le due statue, per altro, ebbero una storia travagliata. Napoleone quando si vide nei panni (o meglio, senza i panni) di Marte non la prese benissimo. Un improvviso attacco di senso del ridicolo gli fece dire che la statua era “troppo atletica”: pare che soprattutto gli addominali scolpiti e il lato B lo mettessero in imbarazzo per i ghigni che scatenavano. Paolina, invece, del seno nudo di Venere pare fosse fierissima, e avesse collocato la statua proprio nell’atrio del suo palazzo a Roma. A farla spostare e coprire fu il marito, il principe Borghese, che si sentiva a disagio. Forse non solo, va detto, per il nudo, ma per le corna che generosamente la moglie gli regalò per l’intera durata del loro matrimonio.
Il nudo “privato”
Certo nella storia dell’arte ci sono numerosi e continui esempi di nudi, sia in scultura che in pittura. Però i codici sono rimasti invariati nei secoli. Il nudo, maschile e femminile, o viene usato per definire figure allegoriche e/o divine, e serve proprio per sottolineare la loro estraneità al mondo reale e alla società umana (li definisce quindi come qualcosa di diverso e di altro), o viene usato per ritrarre persone reali nel loro “privato”, cioè per esempio amanti o mogli.
Una incredibile opera di “rottura” fu in questo senso la “Colazione sull’erba” di Edouard Manet, in cui una giovinetta nuda, apparentemente priva di senso, compare nel quadro senza essere una figura mitologica o una allegoria. Ma in questo caso il quadro è pensato proprio come citazione/rovesciamento degli stilemi del nudo eroico dell’arte classica, e forse un richiamo proprio alla tempesta di Giorgione. E proprio come quello la Colazione sull’erba non è sensuale e non ammicca. In un certo senso, è classica anche lei.
Il culo della Spigolatrice
Tutto questo excursus ci riporta alla nostra Spigolatrice. Che tecnicamente non è nemmeno un nudo, perché il sedere è in realtà velato da un tessuto trasparente che si attacca alle chiappe bronzee. Più che il sessismo più o meno ipotizzabile, quello che lascia perplessi in questa statua è la mancanza di senso. Non è un nudo eroico, perché non siamo in presenza di una dea o di una figura allegorica, non è un ritratto storico perchè nessuna povera spigolatrice dell’Ottocento avrebbe mai indossato per lavorare abiti del genere, non può neppure giocare sull’effetto straniamento del nudo, perché nudo non ha nemmeno il coraggio di essere del tutto, e non dice nulla del carattere del personaggio (anche perché nella poesia non si tratta di una sensuale contadina che seduce Pisacane, nel qual caso potrebbe avere una ragione raffigurarla come provocante, ma semmai il contrario, perché è lei che viene sedotta dalla bellezza del biondo patriota). Insomma nella statua la sottolineatura del sedere è del tutto gratuita, e comunicativamente irrilevante: non dice nulla, se non che è una statua con un gran bel culo e per quello viene notata.
Il che però, per parlare di arte, è davvero poco.
(Fonte bit.ly/3mnTDa5)