LA SUPERCAZZOLA 23 Marzo 2021 – Posted in: Parole
L’invenzione della supercazzola viene attribuita a Corrado Lojacono, prima che la “parola d’autore” fosse ripresa poi nel film Amici miei di Mario Monicelli (1975), che racconta le vicende di un gruppo di amici burloni che si divertono a corbellare il prossimo. È soprattutto Ugo Tognazzi, nei panni del conte Raffaello Mascetti (detto Lello), a far uso della supercazzola.
Il termine “supercazzola” viene eletto a definizione di questa tecnica in seguito a una burla “rovinata” dall’intromissione del personaggio di Guido Necchi (Duilio Del Prete), che il conte Lello Mascetti apostrofa dicendo:
«Senti, Necchi, tu non ti devi permettere di intervenire quando io faccio la supercazzola!» |
Origine
«Mascetti: Tarapìa tapiòco! Prematurata la supercazzola, o scherziamo? Vigile: Prego? Mascetti: No, mi permetta. No, io… scusi, noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribàcchi confaldina? Come antifurto, per esempio. Vigile: Ma che antifurto, mi faccia il piacere! Questi signori qui stavano sonando loro. ‘Un s’intrometta! Mascetti: No, aspetti, mi porga l’indice; ecco lo alzi così… guardi, guardi, guardi. Lo vede il dito? Lo vede che stuzzica? Che prematura anche? Ma allora io le potrei dire, anche con il rispetto per l’autorità, che anche soltanto le due cose come vicesindaco, capisce? Vigile: Vicesindaco? Basta ‘osì, mi seguano al commissariato, prego! Perozzi: No, no, no, attenzione! Noo! Pàstene soppaltate secondo l’articolo 12, abbia pazienza, sennò posterdati, per due, anche un pochino antani in prefettura… Mascetti: …senza contare che la supercazzola prematurata ha perso i contatti col tarapìa tapiòco. Perozzi: …dopo…» |
Ecco un altro esempio di supercazzola, sempre fatta dal Mascetti, quando, nel film, si sente tradito dalla sua amante Titti e la insegue in un hotel:
«Uomo al bancone: Mi scusi, lei…? Mascetti: Antani, come se fosse antani, anche per il direttore, la supercazzola con scappellamento. Uomo al bancone: Come, scusi? Mascetti: A destra, per due.» |
Il linguaggio verbale che sfocia nella supercazzola potrebbe essere derivato, stando a una testimonianza del regista Mario Monicelli, da una trovata dello scrittore e cabarettista Marcello Casco, che era solito farsi beffe del potere costituito, rappresentato da vigili urbani, soldati o carabinieri, riuscendo a tenere una conversazione senza senso anche per diversi minuti, e dalla quale gli sceneggiatori di Amici miei potrebbero avere preso spunto. A tale riguardo, nonostante nel film ne faccia uso soprattutto il conte Mascetti, si segnala una scena conclusiva del film dove il personaggio del Perozzi, interpretato da Philippe Noiret, durante la Confessione in punto di morte, parlando al sacerdote con lo stesso linguaggio incomprensibile, esalta anche con fare iconoclasta questa pratica verbale tesa allo sberleffo della persona con cui si parla.
Dubbi sull’ortografia
Antecedenti storici in letteratura
«Disse allora Ferondo: – O quanto siam noi di lungi dalle nostre contrade? – Ohioh! – disse il monaco – sevvi di lungi delle miglia più di ben la cacheremo. – Gnaffe! cotesto è bene assai; – disse Ferondo» |
e ancora (ottava giornata, novella terza):
«Disse allora Calandrino: – Fostivi tu mai? A cui Maso rispose: – Di’ tu se io vi fu’ mai? Sì, vi sono stato così una volta, come mille. Disse allora Calandrino: – E quante miglia ci ha? Maso rispose: – Haccene più di millanta, che tutta notte canta.» |
In entrambi casi, lo scopo è, evidentemente, di confondere e gabbare il malcapitato interlocutore.
Un artificio analogo si trova nella Disputa tra il Signor de’ Baciaculi e il Signor de’ Fiutapeti che compare nel Pantagruel, monumentale romanzo pubblicato nel 1532 da François Rabelais. La disputa consiste in due discorsi senza senso ma dalla forma tipica delle orazioni giuridiche, come pure la sentenza con cui viene risolta dal protagonista. Nei suoi sperimentalismi, Rabelais è forse alla fonte di molti altri arguti giochi con le parole.
Un antecedente storico più recente è nei Viaggi di Gulliver (Gulliver’s Travels, 1735) in cui l’autore, Jonathan Swift, per burlarsi dell’abuso dei termini marinareschi incomprensibili alla maggior parte dei lettori dei racconti di avventure, inserisce nel primo capitolo della seconda parte un’intera pagina di parole tratte dal linguaggio dei marinai e dei costruttori navali del tutto priva di significato per gran parte dei lettori.
Nell’opera Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart(1787, libretto di Lorenzo Da Ponte) il servo Leporello, imbarazzatissimo, deve rivelare a una delle vittime del suo padrone la realtà del suo agire di seduttore senza sentimenti, ed esordisce con: “Madama… veramente… in questo mondo / Conciòssiacosaquandofosseché… / Il quadro non è tondo…” (Atto Primo, Scena quinta).
In tutti questi casi le parole sono usate per farsi beffe dell’interlocutore. Ci sono poi numerosi esempi di testi insensati che potrebbero essere supercazzole se usati nella situazione opportuna e con intento sbeffeggiatore, ma che di per sé sembrano perseguire altre funzioni, ad esempio una ricerca dell’assurdo dichiarata esplicitamente in partenza. Sono per così dire supercazzole in potenza. La letteratura nonsense, fenomeno della cultura inglese dalla fine del XVII a tutto il XIX secolo, ne ha fornito molti esempi, come pure il movimento surrealista, attivo in molti Paesi nei due secoli passati, e la tecnica poetica della metasemantica, usata in Italia dal poeta Fosco Maraini alla fine del XX secolo.